Perché il traffico non è un liquido e non può essere trattato come tale [AGGIORNAMENTO]

Secondo una concezione urbanistica vecchia e superficiale, il traffico automobilistico può essere considerato come un liquido. Questo presuppone due fenomeni, entrambi sbagliati nel caso delle automobili e del traffico veicolare a motore:

  • Aumentando il diametro del tubo aumenta la portata (parzialmente vero nel caso delle automobili, ma con effetti indesiderati in breve tempo)
  • Aumentando la pressione, ovvero la velocità di transito, aumenta la portata (del tutto falso, nel caso delle automobili)

Questo è vero nel caso dei liquidi, che in generale hanno un comportamento passivo rispetto alle forze che vi si esercitano. È falso, sbagliato o fonte di effetti indesiderati nel caso delle automobili e dei veicoli a motore in generale, per tre motivi:

  1. Distanze di sicurezza. Le automobili, a differenza delle molecole di un liquido, devono mantenere delle distanze di sicurezza, che aumentano all’aumentare della velocità. I liquidi non hanno il problema per cui se le molecole si toccano avviene un incidente stradale. Quindi: finché sono in movimento, le auto più vanno veloci più devono stare distanti. Se due auto si toccano, avviene un incidente che può rallentare o bloccare del tutto la circolazione per qualche tempo. Questo nei liquidi non avviene.
  2. Gli snodi stradali comportano congestione. Se allarghi o raddoppi una strada puoi avere un miglioramento temporaneo dello scorrimento del traffico lungo il nuovo tratto, ma inevitabilmente ci saranno degli incroci, degli svincoli, dei caselli, dei bivi: qui l’aumento delle auto in arrivo dalla strada recentemente allargata creerà inevitabilmente rallentamento e congestione, vanificando sin da subito i benefici della nuova corsia o del nuovo tratto di strada.
  3. Incentivi all’uso. Dentro alle automobili, a differenza delle molecole di liquido, ci sono gli automobilisti. Questi hanno una propria volontà e sono anche soggetti a incentivi e disincentivi. Se allarghi una strada oppure la raddoppi facendone una nuova in parallelo, sono incentivati a usarla, preferendo in molti casi l’auto rispetto ad altri mezzi di trasporto oppure facendo viaggi non previsti senza la nuova strada, perché, almeno per qualche tempo, diventa più comoda. È il fenomeno economico della domanda indotta, ben noto anche in urbanistica: se rendi più facile l’accesso a un prodotto o servizio, utilizzo e vendite aumentano.

E infatti negli anni si è verificato sperimentalmente che:

  • Allargando le strade e creandone di nuove succede che il traffico automobilistico dopo qualche tempo aumenta, rendendo necessario creare nuove strade o nuove corsie, in un processo senza fine. Questo non succede perché le persone corrano a comprare nuove auto ma per un fenomeno intrinseco al possesso di auto private: stanno ferme oltre il 95% del tempo, quindi per ogni auto in circolazione, mediamente, ce ne sono 19 ferme ma pronte a muoversi se si incentiva il proprietario a usarla. Se c’è una nuova strada chi usava i mezzi pubblici viene incentivato a preferire l’auto, chi abita lungo la nuova strada viene incentivato a usare l’auto, se su una strada c’è traffico automobilistico che viene percepito come pericoloso, molti preferiscono l’auto rispetto alla bicicletta o andare a piedi, eccetera. È il fenomeno della domanda indotta o del traffico indotto.
  • Più le auto vanno veloci e meno ne transitano nell’unità di tempo, per cui per fluidificare il traffico intenso è meglio rallentare la velocità delle auto, come dimostrato sperimentalmente dal video sopra.

Entrambe le cose sono controintuitive ma sperimentalmente vere. Qui vasta documentazione:

[AGGIORNAMENTO 19 giugno 2020] Sul gruppo Facebook Architetti Italiani c’è stata un’osservazione che è emblematica del tono arrogante e anche gratuitamente offensivo con cui gli esperti di automobili e automotive spesso reagiscono a qualsiasi critica al loro feticcio.

Il presuno esperto afferma ‘Il traffico È assimilabile a un fluido, ma un po’ particolare: un fluido viscoso e tissotropico’.

Si possono fare tre obiezioni:

  1. Un fluido viscoso e tissotropico’ non è un liquido ma può essere semi-liquido, semi-solido, un’emulsione, un gel. Quindi sostenere che l’articolo ‘è un po’ una cazzata’ introducendo un concetto diverso dal modello criticato non è del tutto corretto.
  2. Anche un modello basato su un ‘fluido viscoso e tissotropico’ non risponde adeguatamente alle obiezioni di questo articolo. Le molecole di un fluido, gassoso o liquido che sia, viscoso o tissotropico che sia, non devono rispettare le distanze di sicurezza e non hanno il problema che se si toccano causano un incidente. Gran parte dei problemi di traffico sono dovuti al fatto che gli automobilisti in media sono incapaci di rispettare velocità e distanze in modo ottimale. È un problema che all’interno dei fluidi in condizioni normali non esiste. Inoltre le molecole non sono guidate da automobilisti, soggetti a decisioni personali arbitrarie e fallaci, e soggetti a incentivi e disincentivi per quel che riguarda i mezzi da scegliere per spostarsi da A a B.
  3. All’interno dei liquidi e altri fluidi variamente viscosi le molecole non hanno una destinazione in mente. Se c’è una biforcazione nella rete, qualcuna va a destra e qualcuna a sinistra in modo casuale. Sulle strade ci sono gli automobilisti che vogliono andare a destra, destinazione casa propria, e quelli che vogliono andare a sinistra, destinazione parco dei divertimenti, intralciandosi a vicenda. Ci sono anche quelli che vogliono andare più veloci degli altri e quelli che guidano con prudenza, complicando ulteriormente le cose.

[AGGIORNAMENTO 20 giugno 2020] Nel gruppo Facebook Torino Sostenibile sono stati suggeriti due studi scientifici che confermerebbero la teoria liquida-fluida del traffico:

Il primo in realtà cerca di elaborare un modello semplificato del traffico, prendendo in esame una situazione particolare: una strada senza intersezioni e senza possibilità di parcheggio. In pratica la situazione delle autostrade e delle superstrade lontano da svincoli e caselli. Si tratta di un modello estremamente semplificato rispetto alla realtà multiforme della mobilità urbana e interurbana che può essere utile per la gestione delle autostrade e alcuni tipi di previsione di traffico extraurbano, ma non risponde alle obiezioni di questo articolo. Il modello ‘fluidodinamico’ in questo caso è semplificante e ovviamente incompleto.

Il secondo link è molto più articolato e i diversi modelli rapidamente sintetizzati prendono in esame anche la dinamica gassosa delle emissioni nocive. Ma anche in questo caso non si risponde in modo adeguato alle obiezioni di questo articolo: il problema delle distanze di sicurezza fra veicoli (e la difficoltà a mantenerle in modo coerente da parte di guidatori umani) e la volontà dei singoli automobilisti, che da una parte comporta sempre una destinazione precisa per ogni singolo veicolo, e dall’altra è suscettibile di rispondere nel tempo a incentivi e disincentivi all’uso dell’auto.

Entrambi i fenomeni, distanze di sicurezza e volontà dei singoli utenti, non esistono in nessun liquido, fluido o gas, per quanto particolari ed esoteriche le sue caratteristiche chimiche, fisiche e dinamiche.

Ovvero: non basta applicare i principi della fluidodinamica per risolvere i problemi del traffico. Se fosse sufficiente, questi problemi sarebbero in gran parte già risolti da anni, se non decenni.

Informazioni su Gianni Lombardi

Autore di libri e scrittore freelance. Ex pubblicitario. Ex segretario ADCI, IAB. Istruttore di Yoga. Copywriter. -Blog, E-mail, Facebook, Twitter, Web. Libri: http://owl.li/CESmh https://twitter.com/benzinazero
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