‘Come risolvere i problemi di parcheggio nel tuo comune’. Scarica gratis i primi capitoli [Ebook, Fiab, Amazon]

Un parcheggio a pettine, vuoto. Per ogni posto auto occorre circa altrettanto spazio per le strade di servizio, per fare manovra e per poter entrare e uscire dal parcheggio.

Introduzione.  Il grande mistero del parcheggio – Ebook gratis per gli iscritti online 2023 alla Fiab e per i Comuni Ciclabili. L’ebook è anche acquistabile in formato ePub/Kindle su Amazon dove è possibile scaricare gratis l’indice e i primi capitoli.

‘Il parcheggio è un fenomeno elusivo e poco conosciuto, nonostante sia un problema quotidiano per milioni di automobilisti. 

Per molte persone la soluzione sembra semplice: basta fare più parcheggi. È la soluzione che è stata adottata per oltre 120 anni di storia dell’automobile, ma non ha mai funzionato perché se fai più parcheggi semplicemente incoraggi l’uso dell’automobile, avviando un circolo vizioso che è sotto agli occhi di tutti.

Purtroppo la soluzione non è così facile perché entrano in ballo problemi di gestione e ottimizzazione poco compresi da automobilisti, polizie locali, amministratori pubblici.

Questa breve pubblicazione cerca di chiarire al grande pubblico, agli automobilisti, a chiunque sia interessato a problemi come traffico, mobilità e ambiente, ma anche a molti tecnici e amministratori pubblici un mistero che abbiamo sotto gli occhi da cento anni in tutte le città del mondo: il mistero del parcheggio. 

Come mai da quando esistono le auto esistono i problemi di parcheggio, ma nessuno è ancora riuscito a risolverli?

Solo chi ha un posto auto privato a casa e un posto auto garantito al lavoro è esentato dai suoi problemi — ma non sempre, perché ogni altra volta che si muove in un’area urbana, per vacanza, per lavoro o per commissioni, molto spesso avrà difficoltà a parcheggiare: nelle aree congestionate fino al 30% del traffico urbano è costituito da automobilisti che girano alla ricerca di un parcheggio, dedicandovi all’incombenza da 3 a 15 minuti di tempo ovvero un tempo che spesso, in città, è più lungo del viaggio stesso. 

Per quali motivi raramente è facile parcheggiare e quasi sempre, proprio quando ne hai più bisogno, è difficile trovare posto?

In questo libro cercheremo di capire perché e di trovare qualche soluzione.’

Dall’ebook ‘Come risolvere i problemi di parcheggio nel tuo comune’, di Gianni Lombardi, con prefazione di Alessandro Tursi (Architetto, urbanista e presidente Fiab) ed edito da Fiab, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta .

L’ebook viene dato in omaggio a chi si iscrive online alla Fiab per il 2023 e agli aderenti all’iniziativa Comuni Ciclabili.

L’ebook è anche acquistabile in formato ePub/Kindle su Amazon dove è possibile scaricare gratis l’indice e i primi capitoli.

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‘Cronaca Letale: come giornalisti e giornali descrivono gli scontri stradali’ – ebook gratis in formato ePub e pdf

Un caso esemplare: auto impazzita, che viaggia contromano, urta i veicoli parcheggiati e si schianta nella rotonda. Di auto a guida autonoma è piena la stampa italiana [AGGIORNAMENTO in precedenza era stato pubblicato qui uno screenshot contentente un refuso. Il 30 giugno 2022: l’autore dell’articolo ha informato che il refuso nel sottotitolo è rimasto online pochi minuti ed è stato subito corretto. Sostituiamo quindi lo screenshot con uno aggiornato al primo luglio 2022. Qui l’articolo corretto]

I giornalisti spesso descrivono gli incidenti stradali in modo paradossale e assurdo, e non se ne rendono conto. Per esempio, come si vede nell’immagine sopra, le automobili sembrano animate di vita propria, viaggiano contromano, urtano i veicoli parcheggiati e talvolta si rovesciano da sole.

In questo ebook in formato ePub (gratis), pdf (gratis) e Kindle (a pagamento) una breve storia del rapporto fra giornalismo e automobile, tre studi scientifici sul tema di come i giornalisti trattano gli incidenti stradali e molti esempi assurdi e paradossali ma purtroppo frequenti e normali.

Il breve libro infatti contiene anche l’analisi di numerosi articoli della stampa italiana (con casi assurdi e paradossali, ma frequenti e normali in cronaca locale: auto a guida autonoma, malori diagnosticati a distanza, incidenti spettacolari, carambole, infine pedoni e ciclisti che si fanno investire o che vengono urtati dalle auto). A conclusione del libro, un raggio di speranza: le linee guida per i giornalisti inglesi, rilasciate nel 2019, che possono aiutare a correggere il fenomeno e scrivere articoli migliori.

Scarica qui l’ebook in formato ePub: Come giornali e giornalisti descrivono gli incidenti stradali – ebook gratis.

Scarica qui l’ebook in formato Pdf: Come giornali e giornalisti descrivono gli incidenti stradali – PDF gratis.

Scarica qui l’ebook in formato Kindle (a pagamento): Cronaca Letale: come giornali e giornalisti descrivono gli incidenti stradali.

Qui la rubrica Come i giornali descrivono gli incidenti stradali, continuamente aggiornata con numerosi altri casi drammatici e paradossali, ma purtroppo diffusi e normali.

Lo scopo del libro, gratuito, è fare divulgazione sulle distorsioni, in gran parte inconsapevoli, che la stampa opera nel raccontare l’incidentalità stradale. Condividi e rt #ebook #gratis #benzinazero #giornali #giornalismo #incidenti

Con analisi di articoli dall’Eco del Chisone, Sky Tg24, La Repubblica, La Stampa, Varese Laghi, Torino Today, La Provincia Pavese, Frosinone Today, La Nazione, Padova Oggi, il Messaggero Veneto, Bologna Today, il Quotidiano Piemontese e altre testate. 

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Le piste ciclabili sono anche inclusive per anziani e disabili: agevolano transito e mobilità dei veicoli per disabili, dalle bici a tre ruote ai miniveicoli elettrici monoposto [AGGIORNAMENTO]

Disabile su veicolo monoposto elettrico percorre una pista ciclabile. Immagine da Eric Doherty.

Una buona rete di piste ciclabili, ben progettata e ben raccordata, agevola anche l’autonomia e le possibilità di spostamento dei disabili con sedie a rotelle, veicoli elettrici monoposto, biciclette elettriche a tre ruote.

Al contrario di quel che si pensa, la bicicletta è molto più democratica e inclusiva dell’automobile, soprattutto in presenza di una buona rete di piste ciclabili:

  • Costa meno
  • Non richiede patente, bollo, libretto di circolazione
  • Comporta in genere costi di manutenzione minimi
  • A basse velocità è meno pericolosa dell’auto per muoversi in città, soprattutto nelle versioni a tre e quattro ruote
  • In generale non comporta problemi di parcheggio
  • Nelle versioni a tre ruote non comporta problemi di equilibrio per il ciclista anziano
  • Le piste ciclabili ben progettate non hanno barriere architettoniche (se ne hanno sono mal progettate o mal realizzate)
  • Esistono innumerevoli veicoli, basati sulla tecnologia della bicicletta o sulla tecnologia dello scooter elettrico, a due, tre o quattro ruote, adatti per i disabili e perfettamente utilizzabili sulle piste ciclabili
Esempi di biciclette adatte o adattate per il trasporto di disabili. Si va dal semplice triciclo per adulti alla cargo bike, alla sedia a rotelle con ciclistica a manovella, alla bici recumbent, alla cargo bike adattata per trasporto di sedie a rotelle, alla normalissima bici elettrica a pedalata assistita.
[AGGIORNAMENTO 30 novembre 2020] Qui la nuova pista ciclabile di via XX Settembre a Rimini, utilizzata da disabili con il loro veicolo elettrico. Molti disabili parziali usano anche biciclette normali e a tre ruote. Immagine da Ciclisti Urbani Rimini
foto scattata a Milano. Come si vede ciclisti e disabili possono convivere, e le piste ciclabili possono rappresentare preziose infrastrutture per l’accessibilità di tutti. Da Facebook qui

[AGGIORNAMENTO 29 giugno 2022]  

Il decreto legge n.68 del 16 giugno 2022, infatti, ha stabilito che «le macchine per uso di persone con disabilità possono circolare sui percorsi ciclabili e sugli itinerari ciclopedonali, nonché, se asservite da motore, sulle piste ciclabili, sulle corsie ciclabili, sulle corsie ciclabili per doppio senso ciclabile e sulle strade urbane».

Da ‘È legge, le persone con disabilità potranno usare i percorsi ciclabili con mezzi motorizzati: la vittoria di Anglat’ [MSN]
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La velocità uccide. Ecco il disegno per gli automobilisti che non sanno fare i conti e quelli che si credono piloti esperti

La velocità dei veicoli coinvolti negli incidenti stradali è sempre una causa importante dell’incidente: maggiore è la velocità e maggiori sono i danni a cose e persone. Questo è ancora più evidente nel caso di incidenti che coinvolgono ciclisti e pedoni, come si vede bene dallo schema:

  • 30 km/h: possibilità di morte della persona investita 10%
  • 40 km/h: possibilità di morte della persona investita 32%
  • 50 km/h: possibilità di morte della persona investita 80%
  • 60 km/h: possibilità di morte della persona investita 95%

Le velocità da 40 a 60 km/h vengono considerate sicure dagli automobilisti, e molti considerano andare a 60 in una strada con limite a 50 (o andare a 40 in una strada con limite a 30) dei peccati veniali… in realtà sono comportamenti molto pericolosi, potenzialmente criminali in caso di strade urbane frequentate da pedoni e ciclisti, fra cui anche bambini che possono non avere esperienza dei pericoli della strada o anziani che possono avere i riflessi rallentati e cattiva capacità di calcolare la velocità dei veicoli in arrivo.

I veicoli a motore uccidono. Sopra i 30 km/h uccidono di più.

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Gli automobilisti non amano il viaggio casa-lavoro. Pedoni e ciclisti sì [Università di Amsterdam, Centro Studi Urbani]

L’atteggiamento di automobilisti, utenti dei mezzi pubblici, ciclisti e pedoni rispetto al loro metodo di pendolarismo. Gli automobilisti sono quelli più scontenti del loro mezzo e del loro tragitto. Università di Amsterdam, Centro di Studi Urbani

Gli automobilisti sono gli utenti della strada che meno amano il loro percorso casa-lavoro.

Questo significa che gli pseudo-liberali che dicono ‘ognuno dovrebbe essere libero di usare il mezzo che preferisce’ dovrebbero chiedere meno parcheggi, meno strade e più piste ciclabili e marciapiedi più larghi, perché da molte evidenze e ricerche risulta che molti automobilisti si sentono obbligati ad usare l’auto, e molti preferirebbero usare un mezzo diverso per andare al lavoro.

La cosa interessante è che questa particolare ricerca è stata svolta in Olanda che, oltre ad essere un paradiso per le biciclette, è anche uno dei paesi migliori per guidare l’auto per qualità delle infrastrutture e tipologia di traffico.

Qui l’intero articolo: What can we learn from the COVID-19 pandemic about how people experience working from home and commuting? [Università di Amsterdam, Centro Studi Urbani]

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Chi abita entro 300 m da una pista ciclabile fa più attività fisica e usa meno l’auto [studio]

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Secondo uno studio fatto a Vancouver e pubblicato su ScienceDirect, chi abita entro 300 metri da una pista ciclabile, dopo la sua apertura ha visto una crescita della propria attività fisica (il raddoppio del tempo dedicato a camminare o pedalare), dimezzando le probabilità di trascorrere nove ore di seguito in attività esclusivamente sedentarie.

Inoltre, sempre dopo la costruzione della pista ciclabile, gli spostamenti in bicicletta sono aumentati del 32% mentre sono diminuiti del 23% gli spostamenti con veicoli a motore.

Those who live near the greenway — within 300 metres of the route — saw their odds of achieving an average of 20 minutes of moderate-to-vigorous physical activity double a year after the opening of the greenway. Additionally, the odds of being sedentary for over nine hours plummeted by 54%.

These findings are based on self-reported measures of physical activity and sedentary behaviour, with a sample size of 524 participants that had a median age of 44. Surveys were conducted in 2012/13 to establish a baseline and after the completion of the greenway in 2014/15 as a follow-up.

Moreover, daily bike trips increased by 32%, while daily trips using a personal vehicle fell by 23%.

Qui l’intero articolo Vancouver’s bike lane greenways led to an uptick in physical activity: study [DailyHive].

Qui la sintesi della ricerca su ScienceDirect,

La costruzione di piste ciclabili ha anche effetti positivi sul commercio locale e migliora i valori immobiliari.

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Analisi costi-benefici dell’automobile in Europa: 500 MILIARDI di euro di *costi* sociali…

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Secondo un’analisi dei costi sociali di automobile, bicicletta e andare a piedi, in tutta Europa il passivo generato dall’uso dell’automobile ammonta a circa 500 miliardi di euro di costi sociali. Invece l’uso della bicicletta e gli spostamenti a piedi generano benefici per rispettivamente 24 e 66 miliardi di euro. In pratica ogni km percorso genera:

  • In automobile costi sociali per 0,11 €
  • In bicicletta benefici sociali per 0,18 €
  • A piedi benefici sociali per 0,37 €

I benefici sociali di bicicletta e camminare consistono principalmente in risparmi sanitari e migliore salute e produttività dei cittadini, a cui va aggiunta la mancata usura delle strade (è il continuo passaggio di automobili, furgoni e camion che usura le strade e trasforma le crepe in buche). I costi sociali dell’automobile includono, fra gli altri, la manutenzione delle strade, la costruzione di autostrade e viadotti, gli incidenti stradali, l’inquinamento, le ampie aree destinate a parcheggi, tutti costi che superano ampiamente tasse e pedaggi collegati ad auto, carburanti e strade.

Abstract:

Cost-benefit-analyses (CBA) are widely used to assess transport projects. Comparing various CBA frameworks, this paper concludes that the range of parameters considered in EU transport CBA is limited. A comprehensive list of criteria is presented, and unit costs identified. These are used to calculate the external and private cost of automobility, cycling and walking in the European Union. Results suggest that each kilometer driven by car incurs an external cost of €0.11, while cycling and walking represent benefits of €0.18 and €0.37 per kilometer. Extrapolated to the total number of passenger kilometers driven, cycled or walked in the European Union, the cost of automobility is about €500 billion per year. Due to positive health effects, cycling is an external benefit worth €24 billion per year and walking €66 billion per year. CBA frameworks in the EU should be widened to better include the full range of externalities, and, where feasible, be used comparatively to better understand the consequences of different transport investment decisions.

The Social Cost of Automobility, Cycling and Walking in the European Union

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La cargo bike invece di auto o furgone per famiglia, lavoro, logistica, consegne: costa meno e spesso è meglio [video]

Molti pensano che possedere un’automobile sia indispensabile. In realtà in molti casi è una spesa inutile, come dimostra l’esperienza danese e olandese. Una cargo bike è più che sufficiente per la maggior parte delle esigenze familiari: portare i bambini, fare la spesa, trasportare mobili e oggetti relativamente ingombranti, trasportare animali domestici, fare piccoli traslochi.

La cargo bike è anche complessivamente più sicura: il principale pericolo sono le automobili, ma solo sulle strade dove gli automobilisti si comportano male e vanno troppo veloci guidando in modo aggressivo. Se le persone che guidano le auto sono tranquille, disciplinate ed educate, i pericoli sono vicini a zero.

Alle cargo bike si possono inoltre applicare motori elettrici per trasformarle in biciclette elettriche a pedalata assistita, aumentando le possibilità di carico e le distanze percorribili, oppure migliorando le possibilità di superare salite anche ripide.

I diversi modelli di cargo bike possono trasportare da 30 a 125 kg di carico, rendendole analoghe alle esigenze di trasporto di molte automobili e furgoni: gran parte dei furgoni che circolano nelle nostre città viaggiano vuoti o semi-vuoti, con pochi kg di carico, per non parlare delle automobili che spesso trasportano solo il guidatore e la sua borsa.

Alcuni dati e casi italiani:

 

 

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Confronto CO2 prodotta e spazio urbano occupato dai diversi mezzi di trasporto [infografica]

Confronto dell’anidride carbonica prodotta e dello spazio urbano occupato dai diversi mezzi di trasporto.

Da notare che, per agevolare l’automobile moderna e l’auto elettrica, nel primo caso si è presa in considerazione un’automobile con due persone a bordo (la media è normalmente inferiore) e nel secondo caso sia l’auto elettrica alimentata dalla rete convenzionale (con produzione di CO2, indirettamente attraverso la produzione di energia elettrica, analoga a quella dell’auto a benzina), sia quella alimentata con energie rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico (con produzione zero di CO2).

I costi privati e sociali sono in proporzione.

Immagine da Taras Grescoe, Twitter

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Andare al lavoro in auto costa alla società 52$ per viaggio; andare in bici 2,8$ [Deloitte, Melbourne]

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Confronto fra i costi sociali di andare al lavoro in auto, in tram o in bicicletta. Immagine da Deloitte. Anche se le cifre possono cambiare a seconda del livello di tassazione e infrastrutture, la differenza di costi sociali fra pendolarismo in auto  e in bici probabilmente è altrettanto elevata in tutte le città del mondo.

I costi sociali di usare l’automobile come mezzo principale per la mobilità sono elevatissimi. Lo documenta uno studio Deloitte condotto sulla realtà australiana.

L’Australia spende ogni anno circa 38 miliardi di dollari fra infrastruttura stradale e incidenti stradali ma raccoglie solo 35 miliardi dagli automobilisti… resta un disavanzo di 3 miliardi che deve essere sovvenzionato dai contribuenti[5]. E questo prima di considerare i costi non monetari dell’uso dell’auto.

La nostra analisi mostra che ogni chilometro di guida impone 58 centesimi di costo alla società[6]. Paghiamo per l’auto (manutenzione e carburanti, più tasse che vanno in parte per mantenere l’infrastruttura stradale), ma non paghiamo per l’impatto dell’uso dell’auto su inquinamento, rumore, congestione stradale, incidenti, salute ridotta dalla vita sedentaria, né i costi totali della manutenzione stradale.

Australia spends around $38 billion on the road system and road trauma each year, but only collects $35 billion from motorists— that’s a $3 billion shortfall that has to be funded by all tax payers[5]. And that’s before the non-monetary costs of driving are considered.

Our analysis shows that every kilometre we drive imposes 58 cents in costs to society[6]. We may pay for our car (its maintenance and fuel, plus some taxes and registration that go part-way towards maintaining existing roads and building new ones), but we don’t pay for the impact of our car’s use on pollution, noise, traffic congestion, accidents, reduced health outcomes from sedentary behaviour, land use costs, or even the full costs of road maintenance.

Qui l’intero articolo: Divorcing Growth From the Car, Deloitte, Melbourne.

Nell’articolo è interessante anche l’analisi dei tempi di spostamento (distanza in linea d’aria circa 10 km; distanza effettiva dai 10 ai 17 km a seconda del percorso, più diretto per la bici, più tortuoso per vincoli stradali per auto e tram):

  • Tram: 25 minuti di tragitto, frequenza del tram ogni 20 minuti.
  • Bicicletta: 39 minuti di tragitto.
  • Automobile: da 26 a 45 minuti a seconda delle condizioni di traffico.

È interessante il confronto perché, nelle discussioni da bar, l’automobilista tende a sottostimare sistematicamente i tempi di percorso (ricordando psicologicamente solo i tempi migliori, oppure trascurando i tempi per la ricerca di parcheggio). Dal confronto oggettivo l’automobile risulta invece non così efficiente com’è dipinta dagli automobilisti:

  • Tram: sono 25 minuti di tragitto generalmente costanti, perché il tram in genere viaggia in sede propria e ha diritto di precedenza. A questi vanno aggiunti i tempi di attesa alla fermata: in media 10 minuti se il tram passa ogni 20. Ma, psicologicamente, l’automobilista integralista tende ad esagerare sia il tragitto sia l’attesa, per cui, nella sua mente questo percorso spesso diventa 25+20 e oltre.
  • Bicicletta: anche nel caso della bicicletta i 39 minuti di tragitto sono abbastanza costanti. In bici non esiste o quasi la possibilità di dover stare fermi in coda, quindi se oggi ci metto 38 minuti domani ce ne metterò 40, ma i tempi cambiano di poco di giorno in giorno. Inoltre, anche se i tempi sono più lunghi rispetto al transito automobilistico in condizioni ottimali (ma non così lunghi…), facendo 40 minuti di bici faccio movimento utile per la salute e risparmio tempo rispetto ad andare in palestra o fare mezzora di jogging ad hoc.
  • Automobile: ci metto da 26 a 45 minuti a seconda delle condizioni di traffico. Quindi in condizioni ottimali ci metto comunque il 60% del tempo della bicicletta, e in condizioni difficili ci metto di più che ad andare in bici. Mediamente, ci metto lo stesso tempo che in tram.

Con tanti saluti alla presunta maggiore efficienza dell’automobile. Considerando i costi diretti e indiretti, l’automobile in ambito urbano è chiaramente inefficiente, anche se ogni tanto permette di guadagnare dieci minuti.

Qui l’intero articolo: Divorcing Growth From the Car, Deloitte, Melbourne.

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Profetica copertina della Domenica del Corriere 1964: “Genova risolve il problema del traffico”

Domenica del Corriere 1964 Genova risolve promblema traffico ponte Morandi progetto

Questa copertina del 1964 evidenzia la promessa, sempre mancata, di risolvere il problema del traffico con nuove strade e nuove infrastrutture stradali. Il ponte Morandi, inaugurato nel 1967 e qui rappresentato come futura costruzione, è crollato il 14 agosto 2018, dopo cinquant’anni di continue manutenzioni.

In realtà, come è evidente con il senno di poi, creare nuove strade e nuove autostrade non può che incentivare l’uso dell’auto, e quindi il traffico e la congestione automobilistica.

Immagine segnalata Paolo Pinzuti via Twitter @ilpinz

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‘Ma, e gli anziani e i disabili come fanno ad andare in bicicletta?’ Qui le foto: ecco come fanno

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Diverse tipologie di biciclette con a bordo persone con vari gradi di disabilità, visibile e non visibile. Alcune carrozzine per disabili possono essere trasformate in veri e propri tricicli, con manovelle al posto dei pedali (il triciclo giallo in alto a destra) oppure anche con motore elettrico. La cargo bike in centro invece può essere usata per trasportare un disabile totale.

Spesso, parlando di mobilità urbana, quando si propone la bicicletta come veicolo privato tuttofare, scatta l’obiezione: “Ma e gli anziani e i disabili come fanno ad andare in bicicletta?”

È un’obiezione che di solito viene fatta da chi non ne sa niente, e qualifica la bicicletta come un veicolo per atleti che richiede grande sforzo fisico. Nulla di più sbagliato.

La bicicletta è il veicolo con la migliore efficienza energetica, e richiede meno energia di camminare. Per un anziano, e per molti disabili, andare in bicicletta è molto meno faticoso di camminare, ovvero permette di andare più lontano in meno tempo. Se ci sono problemi di equilibrio, è possibile usare una bici a tre ruote, come si vede nelle fotografie.

Se ci sono problemi di forza fisica, oppure i percorsi sono lunghi o con salite, le bici e i tricicli possono essere a pedalata assistita con il motore elettrico che offre diversi livelli di assistenza e supporto.

In Danimarca e in Olanda il 90% della popolazione usa la bicicletta almeno una volta alla settimana. Normalmente, al massimo il 10% della popolazione non è in grado di usare una bicicletta o un triciclo per insormontabili limiti fisici… sono molti di più coloro che non possono usare l’automobile, visto che la patente automobilistica è distribuita in percentuali minori (in Italia l’80% degli uomini ha la patente, mentre solo il 50% delle donne: le persone che sono fisicamente e legalmente in grado di andare in bici sono molte di più di quelle che sono in grado di guidare un’automobile).

Spesso gli anziani vengono usati come scudi umani dagli automobilisti per non togliere parcheggi o per non pedonalizzare le vie: “e gli anziani come fanno?” è la scusa pronta. Fanno che si muovono meglio senza auto, perché andare in bici è più facile. L’unico pericolo per gli anziani in bicicletta? Gli automobilisti.

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3 giugno 2018: prima Giornata Mondiale della Bicicletta

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L’Onu, Organizzazione delle Nazioni Unite, ha deliberato che, a partire dal 2018, il 3 giugno sarà la Giornata Internazionale della Bicicletta. La risoluzione è stata presa con il consenso dei 193 stati membri. Tutti gli stati membri sono invitati a celebrare e promuovere la consapevolezza e l’uso della bicicletta.

La risoluzione riconosce la

unicità, longevità e versatilità della bicicletta, un mezzo di trasporto in uso da due secoli perché semplice, economico, affidabile, pulito, ecologico e sostenibile, promuovendo la gestione ambientale e la buona salute.

“uniqueness, longevity and versatility of the bicycle, which has been in use for two centuries, and that it is a simple, affordable, reliable, clean and environmentally fit sustainable means of transportation, fostering environmental stewardship and health.”

Qui la notizia da Bikebiz: UN lauds the bicycle as a wonder-machine and declares 3rd June as World Bicycle Day.

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Perché l’asse di penetrazione a Viareggio creerà più traffico (e problemi di parcheggio)

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Quattro nuove rotonde, una larghezza complessiva di almeno 30 metri, centinaia di alberi abbattuti, dividendo in due la pineta con una strada ad alto scorrimento. Negli anni, saranno inoltre forti le tentazioni di costruire qualcosa lungo il percorso. (immagine dal Tirreno)

Il progetto di fare una superstrada chiamata “Asse di penetrazione” nella pineta di Viareggio a sud dello Stadio dei Pini viene presentato come una soluzione per diminuire il traffico nell’area della Darsena intorno a via Coppino.

È possibile, forse, che questo avvenga ma solo se via Coppino viene trasformata in ztl con un’ampia pedonalizzazione della Darsena e con una buona integrazione e collegamento con la modesta ma importante rete di piste ciclabili del centro di Viareggio (sulla pista ciclabile del lungomare in alta stagione passano oltre 20.000 bici al giorno).

Siccome nulla di questo è previsto, almeno per ora, gli effetti prevedibili della nuova strada saranno quelli di portare più auto in Darsena e a sud di Viareggio:

Ovvero più traffico e più problemi di parcheggio.

Nessuno costruisce una nuova strada per dimezzare il traffico nei percorsi paralleli e, senza divieti di transito o limitazioni al traffico, questo effetto non si verifica mai. Ecco perché:

  1. Primo effetto della nuova strada: crea nuovi incroci. Che siano risolti con semafori, con segnaletica di stop e dare la precedenza o con rotonde, sono comunque punti di congestione dove si possono creare code e rallentamenti; Più strade costruisci, più aumenta il traffico. Ecco perché (1).
  2. Secondo effetto: ci sono un sacco di auto pronte a usare la nuova strada, perché le auto stanno ferme il 95% del tempo. Questo significa che per ogni auto in circolazione, ce ne sono una ventina parcheggiate (il numero varia a seconda delle ore del giorno, diminuisce all’ora di punta, aumenta nelle ore notturne). Quindi, se costruisci una nuova strada, in qualsiasi momento c’è un numero enorme di auto che potenzialmente possono essere usate per fare il percorso “perché adesso c’è la nuova strada”, “perché adesso c’è meno traffico”, “perché è più veloce” eccetera. Perché costruire nuove strade porta più traffico auto (2).

E infatti, nella storia, non si è mai verificato che nuove strade risolvessero il problema del traffico:

Inoltre le strade a scorrimento veloce quando attraversano aree naturali creano degrado ecologico, mentre quando attraversano quartieri abitati creano degrado urbano (e questa strada riesce a fare entrambe le cose):

In conclusione: grazie all’Asse, più traffico e più problemi di parcheggio.

Infine: se porti tante auto in una zona urbana, ammesso di raggiungere le mitologiche promesse di “alleggerimento del traffico”, dove le parcheggi? Ogni auto e furgone che arriva in darsena, una volta arrivata con pochi minuti di percorso stradale (si spera), avrà bisogno di sostare da un’oretta a tutta la giornata. Più le auto arrivano velocemente, “fluidificate”, più parcheggi serviranno perché il tempo di sosta di un veicolo mediamente è sempre più lungo del tempo di transito. E per parcheggiare 400 auto serve un intero ettaro di spazio.

Da notare che nel 2013 la lista civica che ha candidato Giorgio Del Ghingaro sindaco per Viareggio, poi facendolo eleggere, era contraria al progetto dell’Asse di Penetrazione: Rossella Martina, “Contrari all’asse di penetrazione a sud dello stadio.

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Le auto stanno parcheggiate il 95% del tempo. Il traffico è generato dal 5-10% in movimento

auto compatte coda parcheggio

Una persona che usa l’auto tutti i giorni per andare al lavoro la usa circa due ore al giorno. Le altre 22 ore l’auto resta ferma parcheggiata, spesso occupando spazio pubblico. E moltissime automobili vengono usate molto meno.

È il paradosso dell’auto privata. Il traffico viene generato dal 5% di auto in circolazione, percentuale che in città arriva intorno al 10% nelle ore di punta e il 15-20% su base nazionale nelle giornate di grande esodo estivo per le vacanze. Qui per esempio si parla di 8 milioni di veicoli in circolazione nella rete autostradale in un weekend critico. I veicoli immatricolati in Italia esclusi i motocicli sono circa 43 milioni. Otto milioni (che comunque non sono tutti contemporaneamente in movimento) sono circa il 18%.

La grande voracità di spazio urbano generato dall’auto privata è determinata da due fattori:

  1. La necessità di parcheggiare. Siccome questo avviene in ogni luogo dove l’auto si sposta, questo genera la necessità di poter disporre di più posti auto per ciascuna macchina. Nel caso di chi ha il box privato e un parcheggio riservato al lavoro, questo privilegio significa che ci sono due posti auto sempre riservati a quella particolare automobile. Ma anche chi non ha posti riservati ha necessità di trovare un posto sottocasa e uno vicino al lavoro. 400 automobili richiedono un ettaro di spazio per parcheggiare (12,5 mq per il posto auto, più altrettanto per manovre ed entrare e uscire dal parcheggio). A Los Angeles, per esempio, ci sono 3,3 posti auto per ciascun veicolo presente in città, e ancora non bastano.
  2. Il grande spazio occupato quando l’auto circola. Duecento automobili ferme in coda richiedono più di un km di strada, questo per trasportare al massimo 250 persone (1,2 persone per veicolo: in città solo un’auto su cinque ha anche un passeggero a bordo). Quando sono in movimento ne richiedono ancora di più, per le distanze di sicurezza. Anche se non sempre sono rispettate, quando le auto viaggiano a 40 km/h ci sono almeno 20 metri fra una e l’altra. Questo significa 4 automobili ogni 100 metri circa, 40 auto in un km di strada. E più l’auto va veloce, più serve spazio. Infatti la maggiore efficienza dell’automobile si ha quando i veicoli viaggiano circa a 20 km/h e tengono le distanze: in quel caso su una corsia stradale riescono a transitare circa 2.000 veicoli l’ora (contro 14.000 biciclette). È il motivo per cui, controintuitivamente, circolare a 20-30 km/h e in modo regolare fluidifica il traffico molto di più di accelerare quando possibile. Ma la maggior parte degli automobilisti e molti pianificatori urbani non l’hanno ancora capito.

Quindi il paradosso dell’auto privata è questo: trascorre oltre il 95% del tempo ferma, ad occupare prezioso spazio urbano.

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La guerra [Trilussa]

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La Guerra

Nel mejo che un sordato annava in guerra
er cavallo je disse chiaramente:
– Io nun ce vengo! – e lo buttò per terra
precipitosamente.

– No, nun ce vengo, – disse – e me ribbello
all’omo che t’ha messo l’odio in core
e te comanna de scannà er fratello
in nome del Signore!

Io – dice – so’ ‘na bbestia troppo nobbile
p’associamme a l’infame che fai tu:
se vòi la guerra vacce in automobbile
n’ammazzerai di più!

Da “Le favole”, 1922

Trilussa, Tutte le Poesie, Mondadori 1951

 

 

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Sorpresa: i sistemi digitali in auto sono una pericolosa distrazione [American Automobile Association]

Una ricerca dell’American Automobile Association (l’Automobile Club statunitense) documenta una cosa che molti hanno già notato: i sistemi digitali di telefonia, navigazione, informazione e intrattenimento sono una pericolosa distrazione in auto.

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I diversi livelli di distrazione in auto, Minima ascoltando la radio, moderata telefonando, alta leggendo e scrivendo, massima usando il navigatore.

Nell’ordine ecco le attività più distraenti:

  • Ascoltare la radio – distrazione bassa
  • Modificare la sintonia, comporre numeri di telefono, telefonare – distrazione moderata
  • Scrivere messaggi sul telefonino – distrazione elevata
  • Utilizzare il navigatore – distrazione molto elevata

Qui ulteriori studi della AAA Foundation for Traffic Safety sulla distrazione visiva e mentale alla guida di un’automobile:

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Due perle di uomini politici tonti o disinformati…

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La Presidente Fiab parla alla Camera. Ma alcuni politici non ascoltano bene. E soprattutto non sono preparati

La Presidente della Fiab Federazione Italiana Amici della Bicicletta Giulietta Pagliaccio all’indomani del suo intervento in ottava Commissione al Senato, dove diversi soggetti e associazioni sono stati convocati lunedì 17 luglio 2017 sul tema della mobilità sostenibile.

Fra le obiezioni ai suoi suggerimenti, due perle di uomini politici inesperti o totalmente disinformati sul tema della mobilità urbana:

  • “In Commissione ho sentito che non è consigliabile andare in bicicletta in città per via dell’inquinamento eccessivo.”

E da cosa è causato l’inquinamento in città se non in buona parte dal traffico automobilistico? Inoltre il politico che ha espresso la riserva, come molti automobilisti disinformati non conosce questi due fatti:

  1. I ciclisti e i pedoni sono meno esposti all’inquinamento rispetto a chi sta in automobile perché le auto nel traffico sono più vicine alla fonte dello smog e ci trascorrono più tempo;
  2. L’abitacolo dell’auto quando circola in città è generalmente più inquinato dell’aria esterna, perché gli inquinanti si accumulano e vengono fermati solo in parte da eventuali filtri antipolline o antipolvere (che oltretutto devono essere efficienti e cambiati almeno ogni anno).
  • “Il Presidente della Commissione, Altero Matteoli di Forza Italia, ha liquidato la questione dicendo che l’Italia non è mica l’Olanda, dimenticandosi che l’Olanda non è nata terra di biciclette, ma ci è diventata con finanziamenti, infrastrutture, cambio di mentalità e decenni di lavori.”

Qui la storia di come l’Olanda è passata da una nazione piena di traffico e automobili a una nazione più sicura e piena di biciclette. Amsterdam negli anni ’70 era piena di auto come Roma, Milano, Torino e Firenze oggi.

Fra l’altro l’Olanda è anche considerato il paese migliore dove guidare l’automobile, a dimostrazione che quando progetti città e urbanistica privilegiando ciclisti e pedoni le cose migliorano per tutti.

In pratica, in Parlamento, uomini politici che governano l’Italia in tema di mobilità sono disinformati come il cittadino senza istruzione che sul tema ha come competenza solo il fatto di aver preso la patente.

Qui l’intervista alla Presidente Fiab Giulietta Pagliaccio sull’audizione alla Camera dei Deputati.

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Per i bambini l’aria inquinata dentro l’auto è peggio di quella fuori [The Guardian]

L’aria all’interno dell’abitacolo di un’auto con i finestrini chiusi è più inquinata dell’aria esterna. Il motivo è che, nonostante i filtri anti-polline, le polveri sottili e i gas nocivi tendono ad accumularsi in un ambiente chiuso. Notare fra l’altro che commercialmente vengono chiamati “filtri anti-polline”, non “anti-smog” infatti: se si chiamassero anti-smog o anti-inquinamento sarebbe una truffa: i filtri antipolline sono efficaci solo nel filtrare i pollini e le particelle di polvere più grossolane, e solo se vengono cambiati frequentemente, ovvero almeno ogni sei mesi se si usa l’auto tutti i giorni.

In particolare per i bambini piccoli stare chiusi in un’auto nel traffico è peggio di camminare, andare in bici o essere trasportati in passeggino nella stessa via in cui transita l’auto. Lo afferma lo scienziato inglese Sir David King, in questo articolo del Guardian.

Nell’abitacolo dell’automobile i veleni e le polveri si accumulano
L’inquinamento atmosferico danneggia i polmoni dei bambini piccoli, con potenziali danni anche per il DNA delle cellule.

Una serie di esperimenti hanno dimostrato che chi guida l’auto e i passeggeri respirano aria più inquinata rispetto a chi va in bici o cammina nella stessa strada.

Il professor Stephen Holgate, esperto di malattie respiratorie della Southampton University, afferma inoltre che l’inquinamento è “da nove a dodici volte più elevato all’interno dell’auto rispetto a fuori. I bambini stanno dietro e spesso l’auto ha i ventilatori accesi, aspirando i fumi di scarico dei veicoli davanti e portandoli direttamente verso il retro dell’abitacolo”.

Molti genitori sono confusi perché, anche grazie al marketing delle aziende automobilistiche che presentano sempre i veicoli come “sicuri” ed “ecologici”, pensano che l’aria all’interno dell’abitacolo sia migliore di quella esterna. Non è vero: nell’abitacolo veleni e polveri si accumulano.

Qui l’articolo completo del Guardian: Air pollution more harmful to children in cars than outside, warns top scientist.

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Ecco perché c’è sempre traffico nella tua città [infografica]

 

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Confronto delle capacità di trasporto persone in un’ora su una singola carreggiata o binario dei diversi mezzi di trasporto. 

Ecco perché c’è traffico in tutte le città del mondo: perché l’automobile è spettacolarmente inefficiente per trasportare persone: troppo ingombrante. E più aumentano le auto, più aumenta la congestione, dovuta anche all’enorme spazio richiesto per i parcheggi.

Numero di persone trasportate ogni ora su una corsia stradale di 3,5 metri di larghezza:

  1. Auto: 2.000 (una persona a bordo)
  2. Autobus: 9.000
  3. Bicicletta: 14.000
  4. Pedoni: 19.000
  5. Autobus su corsia preferenziale 20.000
  6. Tram 22.000
  7. Rapid Transit Bus 43.000
  8. Metropolitana 80.000
  9. Treno locale 100.000

Si può fare l’obiezione che le auto possono trasportare 4-5 persone e non solo una. È vero, ma anche nell’ora di punta è molto raro vedere un’automobile con più di una o due persone a bordo. In genere l’occupazione media è 1,2 persone, ovvero solo un’auto su cinque ha due persone a bordo. Le automobili con quattro persone a bordo sono mosche bianche.

Al contrario, è vero che gli autobus spesso viaggiano semi-vuoti. Ma non nelle ore di punta: in questi orari i mezzi pubblici sono sempre pieni o quasi pieni, anche nelle città dove questi sono considerati inefficienti.

Più gente, più clienti
Il confronto auto-pedoni-ciclisti illustra inoltre bene il motivo per cui, per i commercianti, le zone pedonali e le zone a traffico limitato sono una benedizione… purché il transito di auto sia realmente scoraggiato mentre sia attivamente incoraggiato e facilitato l’arrivo di pedoni e ciclisti.

[Infografica da un tweet di Taras Grescoe, autore e saggista, esperto di mobilità]

 

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250 i ciclisti uccisi sulle strade italiane. Ma >600< i pedoni.

In Italia vengono uccisi sulle strade circa 250 ciclisti e circa 600 pedoni l’anno. Anche in Europa la maggior parte delle vittime stradali sono ciclisti e pedoni, insieme ai motociclisti, altri “utenti deboli” della strada (in Italia c’è anche un alto numero di motociclisti uccisi).

Il problema? È inutile girarci intorno: sono le auto e il modo con cui vengono guidate.

Le soluzioni? Non sono né i caschi, le luci o i giubbotti catarifrangenti né le multe ai pedoni. Sono un altro modo di pensare mobilità e traffico.

L’unica maniera per diminuire i morti sulla strada è rallentare le auto e responsabilizzare i guidatori, tutelando di più gli utenti più deboli.

Qui un approfondito commento al filmato: Il sistema di sicurezza stradale “sustainable safety” che mette al centro la persona.

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“Non l’ho visto” dovrebbe essere un’aggravante che dimostra guida distratta

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Michele Scarponi. Foto dalla Gazzetta dello Sport.

Se guidando non vedi un palo e ci vai contro, non sai guidare, oppure guidavi troppo veloce, oppure eri distratto e non guardavi con sufficiente attenzione dove andavi, oppure il tuo apparato visivo, anche a causa della velocità eccessiva, era sovraccarico di stimoli e ti ha tratto in inganno. Non ci sono molte altre possibilità.

Il ciclista professionista Michele Scarponi è morto investito da un furgone. L’autista del furgone avrebbe dichiarato ai carabinieri di non averlo visto.

“Non l’ho visto”, nel caso di investimento di ciclisti e pedoni dovrebbe essere un’aggravante, invece del modo istintivo di scusarsi per la disgrazia “involontaria”. Se guidi un’auto o un furgone e investi un ciclista o un pedone che “non hai visto” nella maggior parte dei casi è per due motivi:

  1. Guidavi distratto
  2. Guidavi troppo veloce per le condizioni della strada.

Certo, è sempre possibile, come affermano spesso molti automobilisti, che il ciclista o il pedone “si buttino in mezzo alla strada”: probabilmente, in un caso su un milione, è così. Ma ciclisti e pedoni normalmente non sono aspiranti suicidi, non più di quanto gli automobilisti siano consapevolmente aspiranti omicidi. 

Va aggiunto che oltre metà dei ciclisti uccisi in Italia hanno più di 65 anni: difficile sostenere che siano tutti ciclisti spericolati che corrono rischi inutili. Più probabile che vengano investiti perché l’autista di turno “non li aveva visti”.

Ciclisti e pedoni, anche quando attraversano un incrocio o una strada rischiosa, generalmente ci tengono alla propria incolumità, probabilmente molto di più di quanto un automobilista ci tenga alla carrozzeria dell’auto. Se avviene l’incidente è perché pedone e ciclista hanno calcolato male la velocità dei veicoli in arrivo… e perché i veicoli in arrivo andavano troppo veloci. 

Se non erano troppo veloci, facevano in tempo a frenare. A meno che, naturalmente non valesse l’altra ipotesi: erano distratti. Cioè, di nuovo, troppo veloci.

Gazzetta dello Sport.

La Repubblica.

Corriere Adriatico.

Bikeitalia.

Manuel Massimo su Repubblica.

Il profilo di Michele Scarponi su Wikipedia.

 

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I parcheggi in città sono spazio sprecato [The Economist]

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Per il 95% del tempo le auto private stanno ferme in parcheggio. È tempo e spazio sprecato. Lo dice l’Economist in un editoriale e in un lungo servizio sulle diseconomie create dai parcheggi urbani:

In sintesi costruire parcheggi rende più costosa la costruzione di abitazioni e uffici. Infatti, per esempio, un parcheggio aggiunge oltre il 60% del costo di costruzione di un centro commerciale, e anche di più se il parcheggio è sotterraneo.

Costruire parcheggi può costare da 8.000 a 30.000 euro per posto auto, a seconda se si tratta di un parcheggio a raso, un autosilo o un parcheggio sotterraneo. Si tratta di spazio che rende molto di meno dello spazio dedicato a uffici, negozi e abitazioni. Lo dimostra anche il fatto che nelle aree urbane più ci sono parcheggi e minori sono i valori degli immobili della zona. Le aree commerciali più pregiate si trovano in genere in aree pedonali e zone a traffico limitato, ben servite da mezzi pubblici e spesso facilmente accessibili con le piste ciclabili.

Da leggere: The Economist, The Perilous Politics of Parking, aprile 2017 (in inglese).

Qui altri articoli di Benzina Zero sul tema dei parcheggi:

  1. I parcheggi gratis peggiorano il traffico. Un fenomeno scoperto sin dagli anni 20 del secolo scorso: in città servono da 5 a 30 minuti di tempo per trovare parcheggio e fino al 30% del traffico è costituito da auto che girano a vuoto in cerca di posto.
  2. Problema parcheggi: la Cina ripete gli stessi errori dell’Occidente [The Economist]. In Cina le aziende produttrici stanno ripetendo la politica di sempre: vendere auto senza preoccuparsi di dove possono essere parcheggiate. Risultato: traffico, code, malasosta e congestione urbana.
  3. 10 leggende sbagliate su auto, strade, parcheggi e traffico.
  4. Nei centri cittadini i parcheggi sono spazio sprecato [indagine Usa]. Indagine sui valori immobiliari delle aree urbane con pochi e con tanti parcheggi. Le aree con pochi parcheggi valgono di più sia dal punto di vista abitativo che dal punto di vista commerciale.
  5. I costi enormi dei parcheggi. Viareggio: 4 milioni di euro per 380 posti. Anzi, in realtà 220. Un esempio concreto di progetto urbanistico autolesionista: costi enormi per ottenere 220 posti auto in più rispetto all’esistente, murando un’intera piazza.
  6. Il mito del parcheggio: ogni auto per circolare ha bisogno di almeno 3-5 posti auto, ecco perché non c’è mai posto. Spiegazione semplice e razionale dei motivi per cui in città è quasi sempre difficile parcheggiare, e il problema è anche impossibile da risolvere.
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Auto elettrica: è sbagliato il concetto (soprattutto in città)

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Tesla modello S. È proprio ecologica, l’auto ideale in città: pesa due tonnellate, ma è elettrica. Il tutto per trasportare, nella maggior parte dei casi, una persona e la sua borsa.

Periodicamente giornalisti, produttori e appassionati di automobili parlano sognanti del veicolo che secondo loro risolverà tutti i problemi: l’auto elettrica. A parte che l’auto elettrica di problemi ne risolve solo uno, l’inquinamento locale, gli altri restano, questo è il sacro Graal di cui si aspetta l’imminente venuta:

L’auto elettrica economica. Per esempio Elon Musk promette di lanciare presto sul mercato una Tesla da 30.000 dollari, modello economico della sua gamma. Ma, oltre al prezzo (le auto elettriche più economiche attualmente si situano intorno ai 20.000-30.000 euro, che per ora possono scendere solo grazie a generose sovvenzioni statali), restano da risolvere due problemi: l’autonomia e la semplicità di ricarica.

Esiste già un veicolo elettrico economico e tecnologicamente maturo.
Mentre giornali ed esperti almanaccano sulle meraviglie dell’auto elettrica, esiste già un veicolo elettrico che ha risolto tutti i problemi tecnologici che lo riguardano: la bici elettrica.

  • Costo. Le bici elettriche a pedalata assistita hanno costi che partono dai 700 euro in su, con i modelli più prestazionali e affidabili dai 1.200 euro ai 3.000 euro, e i modelli più prestigiosi sopra la fascia dei 5.000 euro. I prezzi potrebbero scendere con economie di scala maggiori (l’industria della bici produce nell’ordine delle migliaia e delle decine di migliaia di unità per modello, laddove l’auto va sulle centinaia di migliaia, con economie di scala migliori), ma sono comunque competitivi con gli scooter e alla portata di chiunque lavori e abbia bisogno di un mezzo per muoversi in città.
  • Autonomia. Le bici elettriche offrono 70-180 km di autonomia, più che sufficienti per muoversi in città e in ambiente misto per qualsiasi pendolare non estremo (chi lavora a 30-50 km da casa è più l’eccezione che la norma: la maggioranza degli italiani lavora o studia a pochi km da casa).
  • Ricarica. Ricaricare una bici elettrica è semplice: se dove la leghi e parcheggi non c’è una presa elettrica, nella peggiore delle ipotesi si può staccare la batteria e portarla in casa o in ufficio per ricaricarla, oppure tenere due batterie, una sempre in carica e una sempre sulla bici (anche se non tutti i modelli hanno batterie staccabili o rapidamente sostituibili).

Dov’è l’errore?
Anche se la tecnologia della bici elettrica ha ancora margini di miglioramento, e ulteriori possibilità di riduzione dei costi, è comunque evidentemente molto più matura e accessibile della tecnologia dell’auto elettrica. Dov’è l’errore strategico dell’auto elettrica? È un errore voluto e consapevole, che pagheremo caro nei prossimi decenni:

  • Voler realizzare l’auto tradizionale, ma elettrica, ovvero
    • L’auto da due tonnellate ma che va col motore elettrico (la Tesla S pesa 2.000 kg)
    • L’auto da due tonnellate che va da 0 a 100 in 3 secondi anche col motore elettrico.
    • L’auto da due tonnellate che ha 600 km di autonomia anche col motore elettrico.

Questo comporta problemi di peso, di prestazioni, di sicurezza che alzano i consumi, i conseguenti tempi di ricarica, e i problemi di autonomia: le batterie pesano e, se vuoi portare in giro due tonnellate di veicolo a 130 km/h devi avere batterie molto più pesanti e capienti di una bici elettrica che pesa da 12 a 25 kg a seconda di modello e tecnologie e che ti permette di muoverti agilmente in città a 8-15 km/h (e in genere più velocemente dell’auto nei percorsi inferiori a 5 km).

La mini-utilitaria elettrica
Ora, se si volesse realizzare un quadriciclo o un triciclo a pedalata assistita, anche coperto per non prendere pioggia e freddo, in grado di trasportare due persone e un po’ di bagaglio, probabilmente non ci vorrebbe molto: batterie relativamente piccole, un motore adeguato, una carrozzeria o una capote leggera. Per esempio, dal lato strettamente ciclistico DHL sta già sperimentando quadricicli elettrici da carico con 125 kg di portata.

Ma l’idea di produrre mini-veicoli che vanno a 10-20 km/h in città (che è più o meno la velocità media delle auto tradizionali nelle ore di punta e semi-punta) per fare 30-50 km al giorno spaventa l’industria dell’auto tradizionale: in realtà vogliono guadagnare vendendo veicoli elettrici da due tonnellate, lunghi cinque metri, che costano cinque o dieci volte di più, offrendo prestazioni che in città non servono a niente, visto che la velocità media delle auto in città è comunque di 8 km/h nelle ore di punta e 16 km/h nelle altre ore, con velocità medie più elevate solo nelle primissime ore del mattino, la tarda sera e di notte.

Invece, a furia di pubblicità, marketing e sussidi statali,  riempiranno le città di auto da due tonnellate, ma elettriche, per muoversi in coda a 8 km/h. O almeno ci proveranno.

Ultima nota: riguardo l’utilizzabilità della bici elettrica in città, arriveranno inevitabilmente le obiezioni “E se piove? E se nevica? E se tira vento?”. Nel filmato sopra l’ora di punta a Utrecht in Olanda, durante una nevicata. Ovvero in una situazione in cui il traffico auto normalmente si paralizza. Le bici invece vanno ancora, più veloci delle auto.

AGGIORNAMENTO – Ho modificato il titolo aggiungendo “(soprattutto in città)” per due motivi: 1. la critica riguarda principalmente l’uso cittadino e il miraggio che l’auto tradizionale se trasformata in elettrica risolverebbe i problemi che l’auto genera in città (pericolosità, ingombro e congestione); 2. Perché se si critica l’automobile, non importa con quali elementi oggettivi, c’è chi reagisce in maniera emotiva e non sempre razionale. Per ridurre queste reazioni emozionali, nei limiti del possibile, ho voluto chiarire che non si tratta di una critica universale all’automobile né al concetto di auto elettrica, ma semplicemente una critica al fatto che molti aspettano la miracolosa venuta dell’auto elettrica “che risolve tutti i problemi” e non si accorgono che per uso urbano la bici elettrica c’è già e sarebbe possibile realizzare veicoli elettrici leggeri perfettamente funzionali per i contesti urbani.

AGGIORNAMENTO – Risulta che la produzione di batterie adeguate per le necessità automobilistiche (ovvero veicoli da due tonnellate) attualmente comporta un’enorme produzione di anidride carbonica:

Qui le osservazioni e alcuni calcoli di Focus sulla ricerca in questione: Quanto inquina per davvero l’auto elettrica?

Notare la conclusione:

“La ricercatrice fa notare infine come la correlazione lineare tra potenza delle batterie ed emissione di CO2 dovrebbe forse incentivare le autorità a promuovere ricerca e sviluppo per vetture elettriche più piccole, anche a discapito di modelli più grandi e performanti.”

AGGIORNAMENTO – Qui un caso concreto di applicazione pratica. Un lavoratore di Sassari che da dieci anni fa casa-ufficio, più visite ai clienti, con un quadriciclo elettrico. Senza attendere tecnologie mirabolanti, il suo veicolo ha normali batterie al piombo da auto trazione, del costo totale di 900 euro, che gli consentono 120 km di autonomia. Il veicolo gli è costato circa 7.000 euro, e i costi di manutenzione, gestione ed energia sono molto bassi. A dimostrazione che basta limitare il peso del veicolo per avere soluzioni urbane perfettamente accessibili ed affidabili, senza aspettare il suv elettrico miracoloso della Tesla o di altri produttori.
AGGIORNAMENTO – Due anni dopo, Luca De Meo, amministratore delegato della Seat e capo progetto utilitarie elettriche per il gruppo Volkswagen, ha dei dubbi sul modello di auto tradizionale elettrificata: De Meo: con l’elettrico non guadagni. A meno che… [Vaielettrico]
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DHL: il futuro delle consegne urbane è la cargo bike [video]

Se ti piace il ciclismo o sei sportivo ti pagano per allenarti. Se non ti piace il ciclismo, ti pagano per stare in forma.
DHL Express sta sperimentando nuovi centri di smistamento urbano con sistemi misti furgoni-biciclette.  Le cargo-bike usate da DHL per questa soluzione tecnica sono quadricicli elettrici a pedalata assistita che possono portare cassoni modulari di un metro cubo di capienza e portata di 125 kg.  Il sistema consente risparmi nei costi di esercizio e una significativa riduzione di costi energetici, emissioni nocive, produzione di anidride carbonica e produzione di polveri sottili. la combinazione furgone-biciclette visibile nel filmato è particolarmente indicata per le aree urbane, i centri storici e le aree pedonali cittadine.
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I parcheggi gratis o a basso prezzo peggiorano il traffico: fino al 30% del traffico urbano è costituito da automobilisti che cercano parcheggio [University of Los Angeles]

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Dove ci sono auto, ci sono sempre problemi di parcheggio.

I parcheggi gratis o a basso prezzo peggiorano il traffico in due modi:

  1. Attirano pendolari in auto;
  2. Rallentano il traffico urbano a causa degli automobilisti che girano a vuoto nella speranza di trovare un posto gratis.

Questo risulta da uno studio americano che conferma anche quella che è l’esperienza quotidiana di chi guida in città: quando arrivi a destinazione, devi sempre dedicare 10-20 minuti di tempo alla ricerca di un parcheggio. Qui il documento completo: Cruising for parking access.

Nelle ore di punta si stima che dal 15 al 30% delle auto in circolazione stiano cercando parcheggio, aumentando di molto la congestione. Il problema è irresolubile, principalmente perché le auto sono molto ingombranti per muoversi in città: per parcheggiare 400 auto occorre un ettaro di spazio. Se si pianifica l’urbanistica su misura per l’auto (strade larghe, tanti parcheggi) aumentano gli incidenti e si dilatano gli spazi, ma senza risolvere realmente il problema perché restano comunque i luoghi di attrazione del traffico dove c’è congestione (centri commerciali, aree industriali e artigianali, luoghi di spettacolo ecc) e il problema del parcheggio resta.

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Stime dei tempi di ricerca del parcheggio e della quota di auto in cerca di posto in diverse città, dal 1921 al 2001. Come si vede è un problema che non è mai stato risolto.

Il documento può essere scaricato anche presso il sito dell’Università di Los Angeles qui.

AGGIORNAMENTO – La situazione di Los Angeles oggi. Per diminuire il traffico c’è chi chiede, giustamente, meno parcheggi, perché dove ci sono più parcheggi c’è anche il traffico più intenso e congestionato.

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Perché c’è traffico anche a Los Angeles? Perché l’auto privata non funziona

Il filmato mostra una veduta aerea del traffico a Los Angeles.

“But traffic is so bad in Los Angeles that each resident loses around $6,000 a year twiddling their thumbs in traffic—at a total cost of $23 billion, the costs are estimated to exceed that of the whole of Britain.”

“Il traffico è così congestionato a Los Angeles che ogni residente perde circa 6.000 dollari l’anno girando i pollici in coda — a un costo totale di 23 miliardi, costi che superano quelli di tutta la Gran Bretagna.”

“The costs of Traffic Jams”, The Economist

Los Angeles è la dimostrazione del fatto che è impossibile risolvere in modo efficace il problema del traffico privato con l’automobile privata. Per quanto spazio venga dedicato alle strade e ai parcheggi, il traffico si crea perché, a differenza dei gas che tendono a diffondersi in modo omogeneo cercando un equilibrio medio nelle diverse zone dello spazio, le persone che vanno in auto tendono a concentrarsi periodicamente verso alcune destinazioni specifiche e principali:

  • Dai quartieri residenziali alle aree industriali e ai centri direzionali e quartieri di uffici
  • Dai quartieri residenziali ai centri commerciali
  • E viceversa

Dato il grande ingombro delle automobili e l’impossibilità di ottimizzare i parcheggi, si crea l’inevitabile congestione urbana, sia quando hai strade strette come nei centri storici delle città italiane, sia quando hai strade larghissime come quelle che vediamo nel filmato: le auto tendono a saturare in ogni caso certe zone della città, riducendo la velocità media fino ad avvicinarsi a quella di una bicicletta o addirittura di una persona che cammina.

È un problema per il quale non esiste soluzione:

  • Se vuoi agevolare le automobili, devi dedicare enormi spazi a strade, svincoli e parcheggi (a Los Angeles si parla del 70% dello spazio urbano). Sul territorio urbano di Los Angeles si stima che ci siano 3,3 posti auto per ciascuna automobile in circolazione. Nonostante siano più del triplo di quelli disponibili nelle città cinesi, non bastano.
  • Questo significa che devi creare quartieri a grande dispersione urbana (poche persone per kmq vivono in villette unifamiliari servite da un vasto reticolo di strade) — ovvero gli spazi si dilatano e tutto il tempo che teoricamente guadagni grazie all’auto privata lo perdi a causa di code, ricerca di parcheggio e distanze di percorrenza. Il territorio di Los Angeles è lungo 71 km e largo 47. Attraversare Los Angeles in lunghezza è come andare da Genova alla Spezia, ovvero percorrere mezza Liguria.
  • Inoltre, più strade costruisci, più intersezioni crei: ogni incrocio è una discontinuità che rappresenta un potenziale punto di congestione.

In cento anni di automobilismo di massa, nessuno ha risolto il problema del traffico, soprattutto non l’ha risolto costruendo più strade e più parcheggi.

Per capirlo basta domandarsi questo: “Perché nella maggior parte delle città del mondo se togli le auto il traffico migliora, se togli i mezzi pubblici il traffico si paralizza?”

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Per ridurre il traffico la piramide deve essere rovesciata, così

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La piramide inversa del traffico urbano. Il pedone deve avere la priorità, poi tutti gli altri veicoli. 

Ecco la piramide inversa delle priorità con cui occorre pianificare il traffico urbano:

  1. Prima di tutto i pedoni, poi
  2. i ciclisti
  3. Le cargo bike per le consegne locali
  4. Il trasporto pubblico collettivo
  5. Taxi e trasporto merci
  6. Car sharing
  7. Auto privata
  8. Aereo

Il problema di molte città italiane è che il traffico viene pianificato pensando alle auto private come priorità: la famosa teoria di “fluidificare il traffico”, teoria che in cento anni ha conseguito l’unico risultato di aumentare la congestione urbana. Questo crea quartieri parcheggio con autostrade urbane dove è impossibile o molto difficile camminare, passeggiare, giocare, fare la spesa nei negozi locali. Ci sono città e paesini italiani dove è quasi impossibile spostarsi o transitare in alcuni quartieri se non si usa l’automobile.

C’è un motivo razionale: nonostante le promesse pubblicitarie, il trasporto su auto privata è estremamente inefficiente. Le auto private trasportano in media 1,2 persone per vettura, e ciascuna vettura pesa da 1 a 2 tonnellate, richiedendo circa 25 metri quadri per parcheggiare (12,5 di occupazione fisica, più gli indispensabili spazi di manovra); inoltre un’auto che viaggia a 50 km/h richiede 25 metri di distanza di sicurezza, il che significa che lo spazio occupato in strada è pari a 120 mq (lunghezza della macchina più distanza di sicurezza moltiplicato per la larghezza della corsia). In confronto, su una pista ciclabile, passano molte più persone occupando meno posto e con costi molto più bassi: su una singola pista ciclabile possono passare oltre 2.000 biciclette l’ora, senza bloccarsi in continue soste in coda in prima e seconda marcia come le automobili.

Fonte dell’immagine: The Bycicle Innovation Lab.

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Auto = traffico. Non è mai esistita un’età dell’oro dell’automobile

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Anche il futuro non promette bene.

“New York stava affogando nel traffico. Nel 1918, quando Hylan fu eletto [sindaco], c’erano 125.101 veicoli a motore nella città; nel 1932 ce n’erano 790.173. In tutti quei quindici anni non è stata costruita una singola superstrada entro i confini della città. I guidatori nel 1932 erano obbligati ad usare le strade locali per attraversare e girare intorno a New York […] e chi descriveva il traffico congestionato aveva esaurito gli aggettivi.”

“In un giorno feriale medio, nel 1933, 238.977 auto e camion passavano sui ponti dell’East River. Tre volte il carico previsto in fase di costruzione.”

Dal saggio “The Power Broker – Robert Moses and the Fall of New York”, storia del grande, famigerato e per certi versi nefando pianificatore urbanistico Robert Moses.

Per quel che riguarda il traffico, il resto è storia nota: come è avvenuto successivamente in altre città americane, nelle città europee e oggi in Cina, India, Africa, i pianificatori urbanistici hanno tentato di risolvere il problema del traffico costruendo più strade e più parcheggi. Senza successo, come dimostrano cento anni di code, ingorghi e giri a vuoto per cercare parcheggio (è noto che dal 15 al 30% del traffico urbano nelle diverse ore è costituito da auto che sono arrivate a destinazione e girano nei paraggi in cerca di parcheggio).

Non c’è mai stata un’età dell’oro dell’automobile: quando erano poche non c’erano strade, e quando hanno costruito le strade, le auto erano troppe. E quando ci sono tante strade e poche automobili, ci sono più incidenti mortali…

Questo non vuol dire che i veicoli a motore non possano avere una loro utilità. Ma l’abuso del veicolo privato comporta solo grandi costi economici e sociali, accompagnati da un’efficienza proporzionalmente molto scarsa, se le velocità medie non sono molto superiori alle biciclette.

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In città l’automobile ha fallito le sue promesse pubblicitarie e di mobilità

 

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L’automobile ha certamente la sua utilità, particolarmente in aree geografiche poco popolate e con abbondanti strade ben mantenute (vantaggio che però si paga con incidenti stradali più pericolosi e più mortali), ma ha chiaramente fallito la sua promessa di libertà e mobilità nei contesti urbani, promessa continuamente replicata in innumerevoli campagne pubblicitarie ancor oggi, con grande enfasi su libertà, economia e facilità di parcheggio… sì, se trovi il posto.

Da cento anni, dove circolano anche solo poche migliaia di automobili, si crea traffico, inquinamento, rumore e congestione urbana:

  1. Non c’è mai stata un’epoca d’oro in cui nelle città c’erano le auto ma non c’era traffico e congestione: con l’automobilismo di massa il traffico urbano è sempre stato congestionato. Salvo i pionieri del secolo scorso, gli automobilisti si sono sempre lamentati del traffico.
  2. In tutto il mondo non esiste una sola città che abbia risolto brillantemente il problema della mobilità urbana con l’auto privata (chi conosce casi di eccellenza può citarli nei commenti). Le poche città che hanno poco traffico hanno raggiunto l’obiettivo perché hanno escluso l’auto dai loro centri e ne hanno grandemente limitato accesso  e velocità nelle periferie.

Ovunque, in tutte le città del mondo, in Europa, negli Usa, in Cina, in India, in Asia, nel Medio Oriente, in Africa, quando nelle città la gran parte dei cittadini si sposta con l’auto privata ci sono sempre traffico, congestione urbana, problemi insolubili di parcheggio, inquinamento, morti e feriti da incidenti stradali.

Ecco i motivi per cui l’auto privata è un mezzo di trasporto generalmente inadatto ai contesti urbani:

L'automobile farà prosperare il mezzogiorno 1928

Altre promesse fallite in pieno.

  1. È ingombrante. Mediamente trasporta 1,2 persone occupando 25 metri quadri per il parcheggio (12,5 di spazio per lo stazionamento, più gli spazi di manovra per entrare e uscire), mentre quando è in movimento occupa da 15 a 100 metri a seconda della velocità di spostamento (più va veloce e maggiori devono essere le distanze di sicurezza fra ogni automobile e il veicolo che la precede e segue: le distanze di sicurezza rappresentano una occupazione di spazio, per quanto dinamica).
  2. Occupa enorme spazio pubblico per circolare. Ogni automobile ha bisogno di almeno tre posti auto per poter circolare: casa, lavoro, negozio. E questo è il minimo. Ovviamente lo stesso posto auto può essere usato a turno da più automobile, ma è impossibile ottimizzarli in modo da avere un rapporto auto-parcheggi 1:1. E infatti non esiste città al mondo in cui le automobili non abbiano problemi di parcheggio (qui il caso di Los Angeles, dove ci sono 3,3 posti auto per ciascuna vettura, ma senza aver risolto i problemi di parcheggio).
  3. È una divoratrice di risorse. I costi di costruzione e manutenzione di strade adatte a un traffico automobilistico molto intenso sono enormi. E infatti quasi nessuna città del mondo riesce ad evitare strade senza buche o senza rifare l’asfalto periodicamente, laddove piste ciclabili e marciapiedi possono essere costruiti (se le auto non ci parcheggiano sopra) a costi molto più bassi e con manutezione molto più limitata. Inoltre la dispersione urbana generata dal modello di mobilità automobilistica (grandi periferie, quartieri dormitorio di villette, quartieri commerciali di palazzi per uffici) amplifica le distanze di percorrenza media, aumentando i tempi di spostamento e relativi costi.
  4. È rumorosa. Per quanto i motori moderni siano diventati silenziosi (soprattutto all’interno dell’abitacolo, va notato), resta una fonte di rumore ineliminabile: il rotolamento dei pneumatici sull’asfalto o peggio sul pavè. È un rumore estremamente fastidioso, anche se ci si abitua, perché arriva lontano, aumenta e poi va via, in modo nervoso e irregolare, tenendo inconsciamente in allarme il sistema nervoso. Anche chi è abituato e pensa di non accorgersene, è disturbato dal rumore irregolare del traffico auto sotto la finestra. È stato accertato che il rumore del traffico peggiora l’incidenza di malattie cardiache.
  5. È molto pericolosa. Ogni anno a livello mondiale ci sono 1,2 milioni di morti per incidenti d’auto. A livello nazionale nessuno stato moderno tollererebbe un simile livello di morti e feriti se fosse generato dalla criminalità. Per fare un esempio in Italia ci sono circa 3.400 morti e circa 250.000 feriti ogni anno. I morti per violenza e crimine nel 2015 sono stati 468, ovvero meno di un settimo dei morti per incidente stradale. L’automobile è talmente pericolosa per i pedoni ma anche per i passeggeri che richiede un’enorme numero di dispositivi di sicurezza per circolare (cinture, airbag, abs, metodi costruttivi speciali per volante, cruscotto, muso eccetera). Tutte le auto costruite prima del 1980, infatti, erano vere e proprie bare a quattro ruote, per gli standard moderni.
  6. E soprattutto, in città è L-E-N-T-A. In città la velocità media delle auto va da 8 km/h nelle ore di punta a 16 km/h negli altri orari (dati di Lega Ambiente citati anche da Confcommercio). Le auto dotate di scatola nera assicurativa secondo le rilevazioni vanno a velocità medie inferiori ai 20 km/h. In città si può andare più veloci solo di notte e a ferragosto quando la città è deserta. Ma questa velocità si paga con un più alto rischio di incidenti. A cosa serve tutta questa costosa tecnologia se alla fin dei conti con il tuo suv da 2,5 tonnellate vai poco più veloce di una bicicletta?
  7. Per trasportare le persone è molto meno efficiente dei trasporti pubblici urbani. Per comprenderlo basta fare questo esperimento: se togli le auto dalle strade i trasporti pubblici di superficie e i taxi migliorano miracolosamente le prestazioni. Se togli il trasporto pubblico (come succede quando c’è una giornata di sciopero) la città si paralizza in un ingorgo colossale. È evidente che, nel trasporto persone, anche aziende pubbliche disastrate come quelle di alcune città italiane sono più efficienti del mezzo privato.

L’unico motivo per cui l’automobile viene ancor oggi così sovvenzionata dai governi è l’enorme giro d’affari che alimenta: il lavoratore che va al lavoro in macchina e la mamma che porta i figli a scuola con l’utilitaria (alla velocità di una bicicletta: in media trascorrono un’ora al giorno in auto per fare meno di dieci km) pagano la macchina, la benzina, i costi di manutenzione, le tasse per fare le strade, le tasse per sovvenzionare le industrie automobilistiche e quindi mantiene un enorme sistema autoreferenziale industriale-politico che provoca enormi costi sociali.

Approfondimenti:

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Fa passare il mal di testa e migliora la circolazione. O quasi.

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Codice della strada: metà dei titolari di patente ammette di non rispettarlo

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In Italia molti automobilisti infrangono il codice della strada, ma la fanno franca.

Secondo questa ricerca citata dal sito specializzato in consulenze assicurative 6sicuro.it, in Italia ci sono 38 milioni di titolari di patente di guida, e almeno 19 milioni di essi hanno commesso infrazioni al codice della strada nel solo 2015.

Ogni individuo intervistato che ha dichiarato di non aver rispettato le regole del Codice della Strada ha realizzato una media di quasi due infrazioni. E nel 47% dei casi non è stato mai multato per averlo fatto. 

Ecco le principali infrazioni autodenunciate nel corso della ricerca:

  1. Mancato rispetto dei limiti di velocità: 29% degli italiani
  2. Uso del cellulare durante la guida: 20%
  3. Mancato rispetto della distanza di sicurezza: 14%
  4. Parcheggio in sosta vietata:13%
  5. Cinture di sicurezza o casco non utilizzati: 10%
  6. Sorpasso vietato: 9%
  7. Mangiare durante la guida: 8%
  8. Mancata precedenza al pedone: 8%
  9. Invio e ricezione di messaggi sul telefonino: 8%
  10. Inversione a U dove non consentito: 7%
  11. Attraversare la strada con con il rosso semaforico: 6%
  12. Mancata precedenza ad altri automobilisti e motociclisti: 3%
  13. Ingombro della carreggiata: 3%
  14. Controllo delle notifiche dei social network durante la guida: 3%
  15. Trucco e make up durante la guida: 1%
  16. Guida in stato di ebbrezza o stupefacenti: 1%

È evidente che alcune delle infrazioni sono sottostimate, perché semplicemente dimenticate dai loro autori, o considerate “non importanti”. Per esempio, secondo una ricerca dell’Asaps, Associazione Amici della Polizia Stradale, ben due automobilisti su tre non usano le frecce per indicare i cambiamenti di direzione e di corsia… Inoltre secondo diverse fonti l’uso del cellulare è causa diretta o concausa indiretta di moltissimi incidenti.

Le infrazioni di chi guida veicoli a motore hanno spesso un impatto molto drammatico, come si vede da questa immagine dall’articolo “Aumentano i morti sulle strade, è la prima volta dal 2001”:

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Qui l’intero articolo da 6sicuro.it: “Codice della Strada, metà degli italiani non lo rispetta

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Come denunciare il furto di una bicicletta

Il furto di una bicicletta può capitare a tutti, per mille motivi: bici legata male, lasciata o dimenticata tutta la notte in zone a rischio (classico il caso del pendolare che dimentica la bici presso la stazione tutta la notte perché quella sera torna a casa col passaggio di un collega) oppure “entro un attimo in negozio, tanto torno subito” e poi le cose vanno più per le lunghe del previsto.

Il miglior preventivo è legare bene la bicicletta (qui consigli e link utili), ma in caso di furto è sempre consigliabile presentare denuncia ai Carabinieri, alla Polizia di Stato o alla Polizia Locale. La denuncia serve per reclamare la bicicletta nel caso si veda in giro, si trovi in qualche mercatino dell’usato di provenienza dubbia, o venga ritrovata dalla polizia (succede: a volte individuano i magazzini temporanei di ladri professionisti, con decine di biciclette in attesa di essere smaltite).

Fare denuncia è utile anche per far figurare il furto nelle statistiche del Ministero dell’Interno.

La parte complicata spesso è documentare la proprietà della bicicletta. Ecco come si può fare, con uno o più di questi metodi:

  1. Marca, modello e descrizione (tipo di telaio, colore, difetti, graffi, contrassegni, presenza di ruggine, guasti, ecc)
  2. Numero di telaio impresso dal fabbricante
  3. Tipo e marca di cambio, se presente
  4. Presenza di accessori particolari (potrebbero essere rimossi ma potrebbero rimanere i segni della rimozione)
  5. Una foto della bicicletta nel proprio giardino, balcone, oppure insieme a un familiare o sé stessi.
  6. Foto di particolari della bicicletta
  7. Presenza di eventuali identificativi volontari indelebili (esistono servizi che forniscono, per pochi euro, marcatori inamovibili per identificare la bicicletta, per esempio il Registro Italiano Bici – Easytag)
  8. Scontrino o fattura d’acquisto presso l’eventuale negoziante dove la bici è stata acquistata (è utile conservarlo anche per la garanzia: in genere due anni per i privati, un anno per le ditte, tre o sei mesi per l’usato)
  9. Documento di cessione fra privati in caso di acquisto di una bici usata da un privato

La denuncia è indispensabile per reclamare la bicicletta in caso di ritrovamento, per eventuali coperture assicurative e anche per documentare la perdita nel caso la bicicletta sia di proprietà di una ditta che la usa per consegne, spostamenti di lavoro eccetera.

Vale sempre il consiglio di legare bene la bicicletta: è vero che tutti i lucchetti, anche i più sicuri, possono essere rotti (se il ladro ha gli attrezzi adatti e abbastanza tempo) ma nella peggiore delle ipotesi la bici legata bene verrà lasciata lì perché il ladro preferirà scegliere una bici legata male. Inoltre i ladri sono molto opportunisti e non tutti sono geni dello scasso con ampia attrezzatura sempre con sé.

Se hai consigli utili o esperienze particolari, scrivili nei commenti per aggiornare o integrare l’articolo. Grazie.

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Come risolvere il problema del traffico in città

Come risolvere il problema del traffico automobilistico in città

Molti pianificatori urbani in Italia vedono ancora le strade come un ambiente dove bisogna dare priorità alle auto. Ma se si pensa in termini di transito di persone, la prospettiva cambia e l’auto diventa un mezzo troppo inefficiente.

Per risolvere il problema del traffico nelle città italiane occorre cambiare le priorità della progettazione stradale:

Passare dall’auto al centro di tutto al concetto di transito di persone.

L’automobile privata nelle aree urbane è un veicolo estremamente inefficiente:

  1. Pesa da 1 a 2,5 tonnellate, con la conseguente usura di strade e marciapiedi,
  2. trasporta in media 1,3 persone (negli spostamenti casa-lavoro solo un’auto su cinque ha due persone a bordo),
  3. viaggia a velocità medie che vanno da 8 km/h in ora di punta a 20 km/h fuori città,
  4. induce numerose patologie da sedentarietà e polmonari,
  5. occupa un sacco di spazio sia ferma sia in movimento,
  6. sta parcheggiata per il 95% del tempo (spesso ad occupare prezioso spazio pubblico)
  7. ha un costo per km molto elevato
  8. ha costi enormi di strade e infrastrutture, che si usurano rapidamente a causa del peso dei veicoli
  9. è pericolosa per pilota e passeggeri,
  10. è pericolosa per pedoni e ciclisti

In una corsia per auto larga 4 metri il massimo di veicoli che possono transitare in un’ora è circa 2.000, ipotizzando che tengano le distanze e viaggino a 20 km/h (se vanno più veloci ne passano di meno…), ovvero circa 2.500 persone data l’occupazione media di 1,2-1,3 persone per veicolo, una produttività facilmente superata con costi molto più bassi e minore consumo di territorio in molte piste ciclabili di Copenhagen e Amsterdam (soprattutto aggiungendo che le duemila auto hanno poi bisogno di parcheggiare). In una linea ferroviaria o metropolitana ad alta intensità possono essere trasportate fino a 50.000 passeggeri l’ora su un singolo binario. (dati su auto e treni tratti da Carfree Cities, p.39, 2002)

Immagine da Copenhagenize.

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L’urbanistica basata sull’auto costa cara a stato e famiglie, danneggia ambiente e salute

enorme svincolo autostradale los angeles
A Los Angeles il 70% del territorio è dedicato a strade e parcheggi. E nessuno desidera vivere vicino a uno svincolo come questo.

La dispersione urbana dell’urbanistica basata sull’automobile privata costa agli Stati Uniti più di mille miliardi di dollari, secondo uno studio di New Climate Economy. Questa stima comprende maggiori costi di infrastrutture stradali, servizi pubblici e trasporti. Gli americani che vivono nelle città disperse (ad esempio le aree urbane di Los Angeles, l’area metropolitana di Washington, Atlanta) affrontano 625 miliardi di dollari di costi aggiuntivi. Aziende e privati inoltre affrontano ulteriori 400 miliardi di dollari di costi. Città più compatte e basate su trasporti alternativi all’auto privata (mezzi pubblici, bicicletta, pedonalizzazioni) consentirebbero di migliorare la produttività, l’efficienza dei trasporti, migliorare la salute pubblica e proteggere l’ambiente.

Lo studio, Analysis of Public Policies that Unintentionally Encourage and Subsidize Sprawl—scritto per New Climate Economy dal Victoria Transport Policy Institute, in collaborazione con LSE Cities—evidenzia le distorsioni della pianificazione urbana e del mercato che incoraggiano la dispersione urbana, identificando le politiche che possono correggere queste distorsioni.

La dispersione urbana aumenta le distanze fra case, imprese, servizi e posti di lavoro, aumentando i costi delle infrastrutture e servizi pubblici dal 10 al 40%. Le città più dispersive spendono in media 750 dollari a persona per le infrastrutture, mentre le città più compatte spendono circa 500 dollari per cittadino.

Qui l’articolo completo e i link ai documenti: Release: urban sprawl costs US economy more than $1 trillion per year.

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La diversa efficienza nell’uso dello spazio urbano

spazio urbano

Matematica urbana. Invece di pensare in termini di passaggio di veicoli, bisogna pensare in termini di trasporto di persone. Facendo questo calcolo salta all’occhio l’enorme inefficienza del trasporto urbano basato sull’automobile privata.

Foto proveniente via @fiabonlus

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Chi va al lavoro in automobile ingrassa [Reuters – The Lancet]

Zhengzhou traffic jam traffico in Cina

Studiando decine di migliaia di pendolari sopra i 40 anni (157.000 adulti inglesi di mezza età), i ricercatori hanno trovato che le persone che vanno al lavoro in automobile pesano di più e hanno una percentuale di grasso corporeo più elevata di chi va al lavoro camminando, in bicicletta o con i mezzi pubblici.

I pendolari che vanno al lavoro in bicicletta sono i più snelli di tutti ma anche usare treno o mezzi pubblici è collegato a minore peso e grasso, come riferiscono gli autori in un documento pubblicato su “The Lancet Diabetes and Endocrinology”.

Qui l’intero articolo Driving to work linked to a fatter middle age (Reuters).

 

 

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Eccesso di velocità? Vacci piano. La strada è anche di ciclisti e pedoni

Eccesso di Velocità Ministero infrastrutture

Un messaggio specifico per gli automobilisti:

Eccesso di velocità? Vacci piano. La strada è anche di ciclisti e pedoni

Alta velocità e utenti deboli della strada: ciclisti e pedoni rischiano il doppio e il quadruplo degli automobilisti in caso di incidente. Tornare indietro è impossibile, resta #sullabuonastrada #limitidivelocità #salvaiciclisti

L’indice di mortalità dei pedoni è quattro volte superiore a quello degli automobilisti (2,75 contro 0,67, Istat 2014). Per motociclisti e ciclisti è più che doppio (rispettivamente 1,69 e 1,41). La velocità eccessiva [per le condizioni della strada] o oltre i limiti è una delle cause più frequenti di incidente, con quasi 25mila incidenti (circa 11%)* all’anno. La velocità non adeguata [ovvero eccessiva per le condizioni della strada e del traffico] rende più probabile e peggiora le conseguenze di un incidente.

Cosa dice il Codice della Strada?

Gli articoli 141 e 142 obbligano a mantenere sempre il controllo del proprio veicolo e adeguare la velocità alle condizioni della strada. 

(Dalla pagina Facebook del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.)

 

(*) Va osservato che la velocità eccessiva, oltre ad essere causa diretta dell’11% degli incidenti, è spesso concausa e aggravante di molti altri incidenti perché aumenta i tempi di reazione, impedisce l’arresto tempestivo del veicolo e peggiora gli effetti dell’incidente in caso di distrazione.

 

 

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Perché usi così tanto la macchina? Perché qualcuno ti sta fregando

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Roma e i suoi monumenti

Quando si parla di viabilità e traffico, i difensori d’ufficio dell’auto privata come scelta razionale elencano subito questa serie di imprescindibili vantaggi che li obbliga a preferire l’auto rispetto ai mezzi alternativi (andare a piedi, in bicicletta, usare i mezzi pubblici):

  1. Ho fretta;
  2. devo lavorare;
  3. come faccio a fare la spesa settimanale senza auto?
  4. ho i bambini da portare a scuola, piscina, lezione di violino eccetera;
  5. ho un parente anziano da portare urgentemente all’ospedale per un esame (e non sapevo che esistono i taxi);
  6. i mezzi pubblici non funzionano;
  7. lavoro a 30 km di distanza da casa (sottintendendo: come tutti);
  8. d’inverno fa freddo, d’estate fa caldo.

La realtà è in gran parte diversa: nelle grandi città italiane l’auto è posseduta e usata mediamente il doppio rispetto ad altre capitali europee perché in Italia si è ingranato un sistema che guadagna un sacco di soldi sul caos dei trasporti, sinteticamente analizzato qui per quel che riguarda il caso (e il caos) di Roma: “Quanto vale il caos urbano”.

Questi sono i dati da cui parte il ragionamento:

  • Roma: 930 veicoli ogni 1000 abitanti
  • Londra: 314 ogni 1000 abitanti
  • Parigi (area metropolitana): 530 ogni mille abitanti

(Questi sono dati stimati dal comune di Roma. Altri dati indicano 71 veicoli ogni cento abitanti per Roma, 35 per Londra, 45 per Parigi: in tutti i casi la stima è che Roma sia afflitta da una densità di veicoli a motore che va dal doppio a quasi il triplo di Londra. Ulteriore dato da tenere presente: l’Italia ha il record europeo di automobili e anche il record europeo di motocicli, calcolando il numero di veicoli per famiglia.)

Se moltiplichiamo i 1.500€ [stima dell’ammortamento annuo medio per auto] per gli 1,3 milioni di veicoli “in eccesso” rispetto a Parigi otteniamo una cifra molto prossima a 2 miliardi di euro. Il confronto con Londra porta tale cifra a 2 miliardi e 700 milioni. Tanto vale, ogni anno, per l’industria dell’auto, l’inefficienza del trasporto pubblico romano. Altrettanto, o poco meno, vale per il mercato delle assicurazioni. Il calcolo per il mercato dei combustibili è più complesso. [qui tutto il ragionamento e i calcoli, dal blog Mammifero Bipede]

Ovvero: solo a Roma l’eccesso di veicoli a motore rispetto a Londra comporta un costo annuo di circa 2,7 miliardi di euro. Un costo che rappresenta fatturato per industria dell’auto senza contare il fatturato dell’industria delle costruzioni stradali, dell’industria petrolifera e di assicuratori, meccanici, carrozzieri, multe eccetera. Sommando anche questi costi, probabilmente la cifra raddoppierebbe. E mancano ancora i costi umani degli incidenti stradali che in Italia in questi anni comportano circa 3.800 morti e 250.000 feriti gravi, contro cifre irrisorie di morti e feriti sui mezzi pubblici.

Ora, siccome a Londra e a Parigi (ma anche in Olanda, Danimarca, Scandinavia, Spagna e Germania) i cittadini lavorano, hanno fretta, fanno la spesa, hanno parenti malati, hanno caldo d’estate e freddo d’inverno, e fanno tutto spesso con maggiore efficienza rispetto a Roma e all’Italia in generale, è evidente che gli italiani usano molto l’auto perché qualcuno li sta fregando.

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Per ridurre il traffico occorre smettere di sovvenzionare le auto [The Economist]

Le grandi città dei paesi in via di sviluppo vedono una continua crescita del traffico automobilistico, scrive l’Economist qui. A San Paolo metà degli adulti trascorrono almeno due ore al giorno nel traffico. Gli ingorghi di Lagos hanno fatto sviluppare un commercio di ambulanti che vendono fra le auto ferme.

Come è successo nel secolo passato in Europa e negli Stati Uniti, in tutte le città in via di sviluppo cresce il traffico automobilistico. I motivi di questa crescita del traffico sono due:

  1. La crescita economica moltiplica le vendite di auto: sempre più persone le usano per muoversi in città, alimentando gli ingorghi;
  2. I governi non fanno nulla per ridurre il traffico, oppure adottano addirittura politiche controproducenti:

Ad esempio, molte megalopoli hanno regolamenti urbanistici che prevedono spazi obbligatori per i parcheggi, specificando quanti posti auto devono essere costruiti per ogni negozio, ufficio, abitazione e anche per i luoghi di culto. Queste normative hanno l’effetto di incoraggiare l’uso dell’auto, creando più traffico e imponendo una tassa a chi non guida perché le aziende distribuiscono i costi di costruzione e mantenimento dei parcheggi obbligatori su tutti i loro clienti.

Costruire parcheggi intuitivamente sembra la soluzione principale per tenere a bada le auto, ma in realtà i posti auto non sono facilmente ottimizzabili (sempre pochi in centro, spesso troppi in periferia), e inoltre inevitabilmente creano traffico perché si stima che in città circa il 30% del tempo in auto viene trascorso cercando parcheggio. L’auto è un mezzo inefficiente per muoversi in una città affollata semplicemente perché è troppo ingombrante.

Per migliorare il traffico occorre agire su due fronti: incentivare le alternative all’auto privata e penalizzare la stessa, sia costruendo meno parcheggi, sia tassando l’uso delle strade più affollate.

Qui l’intero articolo dell’Economist:  Jam today – Traffic in megacities – To get the world’s biggest cities moving, stop subsidising driving.

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La leggenda di pedoni e ciclisti che ‘si buttano’ sulle strisce o ‘spuntano dal nulla’… In realtà è un effetto ottico che dimostra che l’auto va troppo veloce [Aggiornamento]

speed matters campo visione 30 kmh
Nei disegni in alto i differenti campi di visione a differenti velocità. Nei tre schemi in basso la diversa pericolosità dell’urto alle diverse velocità: a meno di 30 kmh 9 pedoni su 10 sopravvivono. A 60 kmh è il contrario 9 su 10 muoiono.

Spesso gli automobilisti si lamentano di pedoni, podisti e ciclisti che ‘si buttano’ o ‘si catapultano’ sulle strisce bianche come kamikaze oppure che ‘spuntano dal nulla’.

In realtà è quasi sempre un effetto ottico dovuto alla prospettiva e percezione visiva quando l’automobilista sta andando troppo veloce per le condizioni della strada.

Pedoni e ciclisti in genere hanno una buona visione della strada e sentono i rumori del traffico molto meglio degli automobilisti, per cui – sempre in genere – passano le strisce quando pensano di avere probabilità di attraversare indenni, ovvero quando vedono che le auto sono sufficientemente lontane per apparire sicura. Talvolta però non calcolano bene la velocità dell’auto, soprattutto se questa è lontana e corre veloce.

Come dimostra l’illustrazione, se l’automobilista vede all’ultimo momento il pedone le spiegazioni più probabili in realtà sono due:

  1. L’automobilista è distratto (telefonino, conversazione, autoradio, sigaretta) e vede strisce e pedoni all’ultimo momento;
  2. L’automobilista va troppo veloce e, come si vede dal disegno, il suo angolo visuale è molto ristretto rispetto a una velocità più moderata. In una via cittadina basta andare fra 40 a 60 kmh per avere una visuale estremamente ridotta.
Più vai veloce e più il campo visivo si restringe. Da qui il fenomeno dei pedoni che compaiono all’improvviso e (apparentemente) ‘si buttano’ in mezzo alla strada

È possibile anche una terza ipotesi: il pedone o il ciclista hanno calcolato male la velocità dell’auto in arrivo. Ma in quel caso è sempre l’auto troppo veloce: se era lontana due secondi fa e adesso è talmente vicina da rischiare l’incidente, la persona in auto stava guidando troppo veloce e forse era anche distratto nella guida.

Questa terza ipotesi è tanto più vera, in molti casi, se si considera che oltre la metà dei pedoni investiti hanno più di 65 anni: siccome è difficile ipotizzare che gli ultrasessantacinquenni siano particolarmente imprudenti e indisciplinati, è più probabile che calcolino male mentalmente la velocità del veicolo in arrivo (lontano quando si apprestano a passare) e, penalizzati ulteriormente da riflessi rallentati rispetto ai giovani, non riescano a tornare indietro o a fare il balzo che li salva [aggiornamento]. Ma anche in questo caso è la velocità dell’auto a rendere inevitabile travolgere il pedone.

I pedoni e i ciclisti a passo d’uomo vanno a 2-4 km/h. L’auto sopraggiunge a 30-50 km/h o velocità addirittura superiori.

I pedoni “si buttano” a 3 km/h quando l’auto è ancora a 30-40 metri dalle strisce? È evidente che è l’auto che va troppo veloce: se l’automobilista percepisce il pedone all’ultimo momento è perché il suo cono visivo è molto ridotto.

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Spazi di arresto ottimali alle diverse velocità. Gli spazi reali di arresto sono quasi sempre maggiori. Tabella proveniente da questo documento.
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La diversa ampiezza del cono visivo alle diverse velocità. Più è stretto il campo visivo, meno i pedoni e i ciclisti sono visibili per l’automobilista. Da qui la leggenda dei pedoni che “si buttano” sulle strisce.

L’illusione ottica di ‘pedoni che compaiono improvvisamente’ nel campo visivo del guidatore dipende in gran parte dal fatto che gli automobilisti si avvicinano alle strisce a velocità eccessiva. Qui sotto come la Corte di Cassazione prescrive di avvicinarsi alle strisce bianche, secondo il Codice della strada:

cassazione precedenza pedoni strisce pedonali
Immagine da Vivinstrada Roma
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Parlamento EU e industria dell’auto ammettono: vi abbiamo fregato per anni

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Il Gatto e la Volpe si mettono d’accordo per nuovi standard sulle emissioni

Il parlamento Europeo ha dato il via libera all’aggiornamento dei limiti delle emissioni per i veicoli proposto dalla Commissione europea a fine ottobre scorso. Il tentativo di veto, avanzato dalla Commissione Ambiente, non ha infatti ottenuto la maggioranza qualificata per essere approvata. A seconda di chi guarda quanto ciò accaduto all’europarlamento si può trattare di un passo in avanti o uno indietro. Infatti, da una parte arriveranno, a settembre del 2017, i tanto invocati nuovi test su strada per misurare l’inquinamento atmosferico in condizioni reali ma ci saranno nuove soglie molto meno severe per i diesel Euro 6. Così verranno mandati in soffitta i tanto contestati test delle emissioni in laboratorio perché, sottolinea Bruxelles, «sappiamo che le emissioni» di ossidi di azoto (NOx) «sono del 400% più alte e a volte anche di più» dei limiti consentiti.

Qui l’articolo completo: L’Europarlamento raddoppia limiti di emissione per le autovetture (Corriere della Sera).

Dopo lo scandalo Volskwagen e dopo anni di dubbi sull’affidabilità dei test sui consumi è evidente che:

  1. Le industrie automobilistiche sui consumi barano da anni;
  2. Negli ultimi venti anni i parametri Euro 1, 2, 3 eccetera sono serviti principalmente come spauracchio e incentivo per incoraggiare l’acquisto di nuove auto rottamando quelle vecchie: l’Auto Ecologica era principalmente un trucco per vendere più auto. Non a caso, ogni volta che si parla di inquinamento e smog, una delle soluzioni proposte è “rinnovare il parco auto italiano” perché ci sarebbero molte auto “vetuste” (in realtà l’età media del parco auto italiano è allineata agli altri paesi europei e secondo Automoto.it sarebbe addirittura il secondo per aggiornamento).
  3. Raddoppiando i parametri di inquinamento, si rende evidente che legislatori e controllori erano conniventi e perfettamente al corrente del fatto che i test sui consumi erano molto addomesticati e non realistici.
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10 leggende sbagliate su auto, strade, parcheggi e traffico

Dieci leggende sul traffico, demistificate e resi più chiare e comprensibili.

1.  Più strade uguale meno traffico. Falso: le nuove strade dopo un po’ attirano nuove auto e creano nuovi punti di congestione

Molti pensano che se si costruendo nuove strade il traffico diminuisce. In realtà, nella maggior parte dei casi questo non succede, per due fenomeni:

2.  Più trasporto pubblico significa meno traffico. Falso: come nel caso delle strade, se qualcuno rinuncia all’auto per usare il treno o l’autobus e lascia libera strada e parcheggi, qualcun altro preferirà tornare all’auto, mantenendo alto il livello di congestione.

Il trasporto pubblico, per essere competitivo, deve offrire vantaggi che l’auto non offre: corsie preferenziali, accesso in aree ristrette alle auto, maggiore velocità nel traffico. Nel lungo periodo, se il trasporto pubblico si limita a “liberare la strada”, qualcuno vedendo lo spazio libero sarà incentivato a usare l’auto, senza vantaggi nelle percorrenze nelle ore di punta.

 

3.  Le piste ciclabili peggiorano il traffico. Falso: se la pista è ben progettata, riduce il traffico e i tempi di percorrenza.

Lo dimostra l’esperienza nientedimeno di New York, dove nel caso di diverse piste ciclabili si è verificato un miglioramento dei tempi di percorrenza complessivi sia delle auto, sia delle biciclette.

Aggiungendo una pista ciclabile e una corsia di parcheggio a Columbus Avenue (New York City) i tempi di percorrenza si sono ridotti del 35%.

4.  Le strade più larghe sono più sicure. Falsissimo: più una strada è larga più auto, furgoni e motociclette sono incoraggiate a correre, aumentando sia la probabilità di incidente sia la pericolosità degli stessi.

Lo dimostrano questa ricerca, e i dati sugli incidenti mortali negli Stati Uniti: gli stati con minore densità di abitanti hanno più morti stradali in percentuale, perché strade più ampie e meno congestionate incoraggiano a tenere velocità medie più elevate.

5. In coda la fila di fianco si muove più velocemente. Generalmente falso: è una percezione dovuta al fatto che quando le auto di fianco si muovono ti senti “superato”, mentre quando ti muovi tu ti sembra di andare comunque troppo lentamente. 

E cercare di cambiare fila per migliorare, in genere peggiora il traffico per tutti.

6. Se gli altri guidassero meglio, ci sarebbe meno traffico. Falso: nel traffico intenso tutti commettono errori di valutazione delle distanze, di frenata e di accelerazione, peggiorando il traffico per tutti.

Il traffico intenso può essere fluidificato efficacemente solo con sistemi automatici di controllo della velocità e delle distanze. I guidatori umani, semplicemente, in media non sono capaci e peggiorano le cose frenando al momento sbagliato o tentando di cambiare corsia nella speranza di andare più veloci (e facendo rallentare tutti quelli dietro).

Le code e gli imbottigliamenti sono fenomeni collettivi dovuti a due fattori: alto numero di veicoli, e incapacità di tutti o quasi tutti i piloti di mantenere distanze e velocità ottimali.

 

7. Per ridurre il traffico occorre levare dalle strade molte auto. Falso: verifiche sperimentali hanno scoperto che in caso di congestione basta togliere dai punti critici l’1% delle auto per migliorare sensibilmente i tempi di percorrenza perché le congestioni da circolazione veicolare non sono lineari.

Pochi veicoli in più o in meno in alcuni punti critici possono creare congestione o rallentare il traffico in un’area molto più ampia. Riducendo il transito in alcuni punti critici, si può migliorare il traffico in un’area molto più ampia.

8. Chiudere una strada comporta un aumento del traffico intorno. Falso: esattamente come costruire una strada attira nuove auto, chiuderne una semplicemente ne fa sparire un certo numero.

Gli automobilisti si adattano abbastanza rapidamente alle novità del traffico. È più traumatica la chiusura di una strada a causa di un incidente, rispetto alla chiusura della stessa strada per tre mesi di lavori. In questo secondo caso gli automobilisti si adattano in vari modi: qualcuno cambia orario per evitare il traffico, qualcun altro prende i mezzi pubblici, eccetera.

 

9. Il petrolio a prezzo basso conviene per tutti. Parzialmente falso: con la benzina a basso prezzo tutti gli automobilisti risparmiano, ma l’incentivo ad usare di più l’auto comporta più ore perse nel traffico, maggiore inquinamento e maggiore usura delle strade.

10. La manutenzione stradale la pagano gli automobilisti col bollo e le tasse sulla benzina. Falso:  le autostrade sono state finanziate in parte dalla fiscalità generale, mentre il pedaggio copre manutenzione e profitti dei concessionari. Le strade comunali sono pagate con le tasse locali, perché bollo e tasse sulla benzina vanno allo stato.

 

Negli Usa attualmente gli automobilisti coprono il 40% dei costi relativi alla rete autostradale (nel 1957 era il 67%). In Italia bollo e accise sulla benzina vanno a Stato e Regioni, mentre le strade comunali, cioè la gran parte della rete stradale in termini di lunghezza, vengono pagate con le tasse locali. I comuni forniscono inoltre la gran parte dello spazio per i parcheggi pubblici, il cui costo di costruzione può essere stimato fra 5.000 e 20.000 euro per posto auto a seconda della tipologia e degli spazi di manovra necessari.

Qui l’articolo completo “10 Tired Traffic Myths That Didn’t Get a Rest in 2015”.

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Nei centri cittadini i parcheggi sono spazio sprecato [Indagine Usa]

Perché i parcheggi danneggiano l’economia della città?

Perché sprecano spazio pubblico prezioso nelle aree commercialmente più pregiate:

“La ricerca si basa sull’analisi e la stima del valore delle aree urbane di alcune città degli Stati Uniti, da questi dati è stato dedotto che il valore delle aree nel centro della città ha un potenziale notevolmente elevato e che le aree destinate a parcheggio sono dannose per l’economia della città perché consumano una risorsa limitata e non infinita: lo spazio urbano.
Infatti secondo questo punto di vista, il parcheggio, per esempio quello a servizio dei centri commerciali e dei negozi, è un peso morto, non produce reddito.”

L’osservazione può sembrare eretica, particolarmente in Italia dove spesso i commercianti sono ossessionati dalla disponibilità di parcheggi nella loro zona (non rendendosi conto che, anche in Italia, le aree commerciali più pregiate e le zone immobiliari più pregiate sono quasi sempre centri storici con zone a traffico limitato e grandi aree pedonali). Ma le proiezioni sui valori immobiliari dimostrano che:

meno parcheggi ci sono, più i valori immobiliari e commerciali sono alti. Viceversa, dove si costruiscono tanti parcheggi, i valori immobiliari e commerciali calano.

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Nelle aree rosse ci sono più parcheggi; nelle aree blu ci sono più edifici e negozi, con valori immobiliari più elevati. È uno schema che si verifica in tutte le città: il centro ha meno parcheggi e più valore. Nelle aree dove si costruiscono molti parcheggi c’è meno valore commerciale e immobiliare (e spesso anche più degrado urbano). Immagine di Urban Tree.

La spiegazione sta anche in questo fatto, facilmente verificabile, ma troppo spesso sottovalutato dai pianificatori urbani del passato:

le auto private stanno ferme per il 95% del tempo. Ogni posto auto rappresenta 25 mq di preziosissimo spazio urbano (12,5 mq di occupazione fisica dell’auto, più gli spazi di manovra) male ottimizzato.

Qui l’articolo dell’Arch. Annamaria Pace “Perché i parcheggi danneggiano l’economia della città” (in italiano).

Qui l’articolo “Mapping the Effects of Parking Minimums” in cui si approfondisce il tema (in inglese).

Qui un filmato in cui si visualizza bene l’effetto controproducente, sul tessuto urbano della costruzione di tanti parcheggi. Più parcheggi ci sono, più il tessuto urbano si dequalifica.

 

Qui l’analisi della situazione dei parcheggi a Los Angeles, probabilmente la città più a misura d’automobile di tutto il mondo: 18,6 milioni di posti auto per circa 6 milioni di veicoli, pari a 3 posti auto per ciascun veicolo, creando un’area urbana enormemente dispersiva.

[AGGIORNAMENTO – Anche “Fortune” se ne accorge: probabilmente ci sono troppi parcheggi, e i parcheggi gratuiti incoraggiano gli automobilisti a girare a vuoto in cerca di un posto gratis, intralciando traffico e altri mezzi di trasporto.]

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30 km/h in città riduce incidenti, morti, feriti, consumi e inquinamento [analisi]

Moderazione del Traffico tempi di reazione 30 kmh 50 kmh
Il vantaggio principale della riduzione a 30 kmh della velocità in ambito urbano è la sicurezza. Però ci sono piccoli effetti positivi anche sul risparmio di carburante e sulle emissioni inquinanti.

Ridurre a 30 kmh la velocità massima in città è una buona idea per molti motivi, compreso il fatto che riduce consumi e inquinamento, anche se di poco.

Polinomia, società di ingegneria, ha compiuto un’analisi su consumi e inquinamento a 30 kmh. In sintesi vengono rilevati questi due fatti:

  1. Effettivamente, come dicono molti, a velocità costante, su una strada senza interruzioni né discontinuità, i consumi sono inferiori andando a 50 kmh rispetto a 30 kmh.
  2. Ma in città raramente si può andare a velocità costante senza interruzioni. Nel percorso cittadino tipico tenere la velocità sempre sotto i 30 kmh comporta risparmi di carburante e riduzione degli inquinanti. I vantaggi sono maggiori tanto più è pesante il veicolo.

Qui i risultati di un’indagine sulle Zone 30 di Madrid a cura del Politecnico di Madrid.

Il vantaggio non è tale da risolvere i problemi di inquinamento cittadino, però un effetto positivo esiste, insieme ai numerosi e verificati altri vantaggi della riduzione a 30 kmh in ambito urbano:

  1. Riduzione del numero assoluto di incidenti
  2. Riduzione del numero di morti e feriti negli incidenti residui
  3. Riduzione dei danni alle cose
  4. Riduzione della rumorosità (inquinamento acustico)
  5. Miglioramento della fluidità del traffico urbano, comprese le prestazioni dei mezzi pubblici di superficie
  6. Incentivo all’uso della bicicletta nei percorsi sotto i 5 km

Per gli automobilisti non ci sono svantaggi, perché i tempi di percorrenza aumentano ma di poco, mentre diminuisce lo stress di guida.

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L’inquinamento non è il problema principale dell’automobile, ma… [aggiornamento]

Millano Piazza del duomo aperta al traffico

Piazza del Duomo a Milano negli anni 60. L’asfalto rosso dell’epoca evidenzia bene l’enorme quantità di spazio dedicato alle auto.

Durante i picchi di inquinamento invernale parte il dibattito contrapposto:

  • È colpa del traffico;
  • No, è colpa dei riscaldamenti domestici e dell’industria.

La risposta è semplice: è colpa di tutti coloro che accendono qualcosa: caldaie, bruciatori, motori a scoppio: tutti producono, chi più chi meno, qualche inquinante. I migliori, i più perfetti, producono vapor acqueo e anidride carbonica che, come si sa, contribuisce all’effetto serra e al riscaldamento globale. Figuriamoci i danni che fanno i motori diesel, che producono comunque PM10 e PM2,5 (e sono molto meno puliti di come ci dicevano, come dimostra lo scandalo Volkswagen).

L’auto inquina, ma meno di venti anni fa.
Molti sostengono, dati alla mano, che l’inquinamento urbano è diminuito negli ultimi trent’anni. Questo è vero: le auto degli anni 70 e 80 non avevano marmitte catalitiche, consumavano molto di più, inoltre sempre in quegli anni non c’erano grandi controlli sulle emissioni dei riscaldamenti domestici, molti scaldavano a gasolio e carbone, nessuno usava il metano, eccetera. Le città erano molto più inquinate di oggi. Qualcuno sostiene che un’auto del 1970 inquinava come venti auto moderne. In parte è vero (se hanno il motore in ordine, se l’automobilista non pesta troppo sull’acceleratore, non è un fanatico della guida sportiva e “prestazioni brillanti anche in città” ecc), ma uno dei problemi è anche il fatto che le auto in Italia dal 1970 ad oggi sono quasi triplicate: l’Italia ha il record mondiale di auto per famiglia, a cui vanno aggiunti numeri record di autocarri (le merci in Italia viaggiano principalmente su gomma, al contrario di quel che avviene in Francia e Germania) e motocicli (altro record mondiale).

Ma comunque l’auto inquina. Lo dicono anche i produttori di auto
Ma comunque il motore a scoppio inquina, creando polveri sottili in tre modi:

  1. Combustione interna del motore
  2. Rotolamento e consumo dei pneumatici sulla strada (cosa che consuma anche le strade, come dimostrano le buche che si creano con grande frequenza sulle strade mentre “nascono” con molto minore frequenza sui marciapiedi e sulle piste ciclabili, salvo quando le auto ci parcheggiano sopra)
  3. Usura dei freni

Non ci sono dubbi in questo. Lo documenta anche questo comunicato stampa dell’ANFIA Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica e dell’Unrae Unione Nazionale Rappresentanti Veicoli Esteri, quindi coloro che le auto le fabbricano e le vendonoCS_STUDIO_INQUINAMENTO. Il comunicato, del 2006, è finalizzato a dimostrare che l’inquinamento automobilistico è minimo, usando nel titolo un argomento surrettizio: “minime le responsabilità delle auto Euro3 ed Euro4” (cioè modelli che oggi, dieci anni dopo, vengono considerati piuttosto inquinanti e che comunque all’epoca erano la minoranza del parco circolante, composto da auto ancora più inquinanti).

In tutti i casi, a un certo punto il comunicato stampa ammette:

Il trasporto stradale nel suo insieme incide per il 29% [dato Anfia – Unrae – riguardo l’attendibilità di questi dati, vedi l’aggiornamento in fondo al post]

Se il trasporto stradale “nel suo insieme” incide per il 29%, nei contesti urbani dove è meno rilevante l’inquinamento da fonti industriali, incide di più, quindi non è una fonte di inquinamento esattamente trascurabile, anche tenendo conti di questi altri dati:

A sua volta quel 29% riferito al trasporto stradale viene suddiviso come segue: veicoli industriali e bus 9%, autovetture 8%, veicoli commerciali leggeri 5%, non dovuti a combustione 4%, ciclomotori 2%, motocicli 1% [dati Anfia – Unrae – per l’attendibilità del dato, vedi aggiornamento in fondo]

Se auto, furgoni, ciclomotori e motocicli pesano per il 16% complessivo (8+5+2+1), in ambito urbano il contributo all’inquinamento sarà sicuramente maggiore perché in ambito urbano sono meno rilevanti le altre fonti eccetto il riscaldamento domestico. Lo stesso comunicato ammette che:

è noto che le auto al minimo o con fenomeni continui di stop&go alzano notevolmente il loro contributo all’inquinamento

Il traffico pesa. E infatti…

Ma in città il problema vero delle auto non è l’inquinamento
In tutti i casi, in città, il problema principale delle auto non è l’inquinamento quanto questi tre:

  • ingombro
  • inefficienza
  • pericolo

Le auto private sono estremamente ingombranti e inefficienti. Ogni auto occupa 10 metri quadrati da ferma, a cui vanno aggiunti altri 10 mq per gli spazi di manovra. Una persona che abita a Milano e va tutti i giorni al lavoro in auto usa da 20 a 60 metri di spazio solo per parcheggiare, senza contare lo spazio stradale necessario per circolare (20 metri se parcheggia in strada, lato marciapiede, fino a 60 metri con spazi di manovra a seconda della tipologia di posto auto usato*). Quanto valgono 40 metri di terreno a Milano? A New York questo ragionamento l’hanno fatto decenni fa e infatti nelle aree centrali il parcheggio sulla strada è vietato quasi dappertutto, e il 56% delle famiglie newyorkesi non hanno l’auto privata (a Milano la situazione è peggio che inversa: 60 auto ogni 100 abitanti).

Ogni auto privata sta parcheggiata in media per oltre il 90% del tempo, ovvero sta ferma per 20 ore al giorno occupando spazio urbano preziosissimo e molto costoso (e parliamo dell’auto di chi va al lavoro tutti i giorni. figuriamoci l’auto di chi la usa solo nel weekend).

Infine le auto sono pericolose, perché in Italia uccidono e feriscono decine di migliaia di persone l’anno. E in città si accaniscono in particolare contro pedoni e ciclisti, in controtendenza rispetto alla tendenza generale alla diminuzione della mortalità stradale.

 

*È vero che il posto auto in strada, quando un veicolo se ne va, può essere usato da un altro. Ma non sempre questo accade. In tutte le città ci sono quartieri prevalentemente residenziali dove c’è un sacco di posto per parcheggiare di giorno, e quartieri prevalentemente di uffici dove c’è un sacco di posto di notte. I posti auto sono difficili da ottimizzare.

[AGGIORNAMENTO – Riguardo l’attendibilità dei dati forniti dall’Anfia-Unrae, i costruttori e importatori di automobile, c’è questa interessante tabella dell’Arpa Lombardia relativa alle diverse fonti di emissione nell’Area Metropolitana di Milano nel 2014. In fatto di PM10 e PM2,5 il contributo del trasporto su strada è rispettivamente del 42% e del 46%. Molto di più del 29% del comunicato stampa Anfia-Unrae del 2006, dato che probabilmente era un dato nazionale utilizzato disinvoltamente per argomentare contro l’utilità dei blocchi del traffico in ambito locale.

Inventario delle Emissioni in Atmosfera della Provincia di Milano 2014 ARPA Lombardia

Qui l’intero rapporto ARPA Lombardia relativo alle emissioni inquinanti nell’Area Metropolitana di Milano nel 2014 da cui è stata tratta la tabella.  (Documento segnalato da Marco Mazzei)]

 

 

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“Vado in auto perché è più veloce”

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Quando si parla di traffico urbano e di come evitarlo, per esempio andando in bici, a piedi o con i mezzi pubblici, molti fanno due obiezioni standard:

  • Vado in auto perché sono costretto
  • Vado in auto perché ho fretta.

Diciamo chiaramente: qualche volta è vero, ma nella maggior parte dei casi sono balle autogiustificative e pigrizia mentale.

  1. Vado in auto perché sono costretto
    Se sei costretto, com’è che l’auto sarebbe sinonimo di libertà? Qui comunque un’ampia casistica di risposte all’obiezione “non posso farne a meno”.
  2. Vado in auto perché ho fretta.
    Anche questa è una pietosa bugia autogiustificativa. È dimostrato da numerosissime fonti (e anche dall’esperienza comune) che la velocità media delle auto in città è soprendentemente bassa: 15-20 kmh quando va bene, 8-10 kmh o meno nelle ore di punta. E inoltre è addirittura inferiore ad andare a piedi in caso di incidente nei paraggi, pioggia forte o neve nell’ora di punta o peggio ancora sciopero dei mezzi pubblici.

Qui un’indagine della Regione Lombardia sugli spostamenti in ambito regionale. Come si vede, nella maggior parte dei casi, anche nell’operosa Lombardia, l’auto NON viene usata per lavoro o per pressanti motivi indifferibili. Inoltre la maggior parte degli spostamenti sono sotto i 10 km.

Qui i dati su velocità e ore di guida due milioni di auto italiane dotate di scatola nera. In media, un’ora e 27 minuti al giorno di guida, a velocità medie inferiori ai 20 kmh in città, e 38 kmh sulle strade extraurbane. Devi spostare un veicolo che pesa una tonnellata e costa da 10.000 euro in su, più le spese di mantenimento, per velocità poco superiori a quelle di una bici elettrica?

Qui il Bike Plan di Googleoltre il 20% dei collaboratori di Google che abitano entro 9 miglia dalla sede (14 km) si recano al lavoro in bicicletta. Questo nella Silicon Valley, la regione tecnologicamente più avanzata del mondo.

 

 

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Gran parte del petrolio che usiamo è petrolio rubato, proveniente da paesi autoritari dove calpestano i diritti di cittadini, donne e minoranze

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Comprando benzina, gasolio e altri derivati del petrolio si finanziano alcuni dei peggiori dittatori del mondo. Ecco come.

“Nel 2012 la famiglia americana media ha speso 2.912 dollari in benzina. È una bella somma e possiamo tracciare dov’è andata a finire. Le aziende petrolifere incassano 465 dollari per trasporto, raffinazione e vendita; il governo federale incassa 165 dollari di tasse. Molto del resto va per acquistare il petrolio greggio. Rintracciando questi soldi fino ai paesi produttori,  scopriamo che 275 dollari vanno a regimi autoritari. La famiglia americana media paga 275 dollari ai peggiori dittatori, semplicemente facendo il pieno.”

“Blood Oil: Tyrants, Violence, and the Rules that Run the World” di Leif Wenar, professore al King’s College di Londra.

La scomoda verità è che buona parte del petrolio e diverse altre materie prime che consumiamo quotidianamente vengono da paesi sottoposti a regimi autoritari brutali e repressivi, dove i diritti dei cittadini non vengono rispettati, non c’è libertà di stampa e di opinione oppure sono fortemente limitate, dove le donne e le minoranze vengono discriminate.

Inoltre il paradosso è che in Africa e nel Medio Oriente i paesi privi di grandi depositi di petrolio o di grandi ricchezze minerarie nell’ultimo secolo hanno visto progressi sociali ed economici maggiori rispetto ai paesi ricchi di petrolio e materie prime. Il motivo: la corruzione alimentata dal commercio e dalle concessioni allo sfruttamento.

Facendo benzina, ma anche comprando molte merci, si fanno affari e si finanziano alcuni dei peggiori regimi del mondo, autoritari, repressivi e talvolta anche sanguinari. L’acquisizione del petrolio da alcuni regimi autoritari è spesso dubbia (non sempre chi vende il petrolio ha titoli legali per farlo), ma questo non comporta conseguenze legali. Una volta che è arrivato in raffineria, il petrolio non ha cattivi odori.

Un esempio concreto di due pesi e due misure

Fra le tante casistiche esemplificate nel libro, l’autore invita a considerare il caso di persone omosessuali condannate a morte in Iran. Se queste fuggono in America, qui trovano protezione dalla condanna perché un tribunale americano giustamente rifiuterebbe di riconoscere la legge iraniana in tema di omosessualità. La maggior parte degli americani considererebbero intollerabile un comportamento diverso. Idem avverrebbe in Europa.

Facendo il pieno, invece, un americano può tranquillamente utilizzare petrolio proveniente dalla Guinea Equatoriale, governata sin dal 1979 da Teodoro Obiang. Secondo la legge della Guinea, Obiang è il proprietario assoluto del petrolio estratto nel paese. Ma una legge che assegna a una ristretta élite la proprietà assoluta delle risorse naturali di un certo paese non può essere riconosciuta legittima in un paese moderno e il commercio con tale paese dovrebbe essere scoraggiato. Però un’eventuale causa per ricettazione intentata da un cittadino della Guinea che si sentisse defraudato non avrebbe oggi nessuna possibilità di essere riconosciuta da un tribunale americano.

Analoghi problemi esistono con il commercio di petrolio con l’Arabia Saudita. Anche qui il petrolio viene assegnato in proprietà a una ristretta élite politica per antica tradizione religiosa.

“Molti stati privi di petrolio in genere sono diventati più ricchi, liberi e pacifici, mentre gli stati ricchi di petrolio non sono migliorati dal 1980. Molti stati petroliferi sono addirittura peggiorati. Il reddito medio nel Gabon si è dimezzato nei 25 anni dopo il 1980. Lunghi conflitti interni hanno devastato Algeria, Angola, Colombia e Nigeria. […] Gli stati petroliferi sono inoltre meno trasparenti e più volatili dal punto di vista finanziario e offrono alle donne meno opportunità nella politica e nel lavoro.

“Blood Oil: Tyrants, Violence, and the Rules that Run the World” di Leif Wenar, professore al King’s College di Londra.

La proposta dell’autore non è andare a fare la guerra nei paesi petroliferi, bensì riformare il commercio del petrolio inducendo i paesi europei a fare scelte etiche più coerenti con i propri principi nazionali di libertà e democrazia, evitando di fare affari con produttori di petrolio dalla dubbia morale e spesso privi di autentici diritti legali sul petrolio che oggi vendono con tanta facilità.

Qui la recensione dell’Economist:  Corrupted bounty – The unhappy rules of free trade in natural resources.

Link ad Amazon.com.

Qui informazioni sul  libro, edito da Oxford University Press, e sul suo autore, professore di filosofia e legge al King’s College di Londra.

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Incidenti auto-bici: come avvengono negli Usa. Chi ha le maggiori responsabilità?

Negli Stati Uniti la National Highway Traffic Safety Administration raccoglie i dati su tutti gli incidenti, ma nel caso degli incidenti auto-bici per il momento non indaga sulle diverse cause e concause.

La League of American Bicyclists, associazione attiva dal 1880 e storicamente promotrice della costruzione di strade moderne, per colmare la lacuna ha cercato di approfondire i dati censendo tutti gli incidenti auto-bici di cui ha parlato la stampa, catalogando 628 incidenti mortali auto-bici avvenuti fra il febbraio 2011 e il febbraio 2013 negli Stati Uniti.

Tamponamenti e guida distratta

Da questa analisi risulta che il tamponamento auto-bici e la guida distratta da parte dell’automobilista rappresentano una proporzione molto alta degli incidenti auto-bici, smentendo le leggende urbane sui ciclisti “sempre indisciplinati”.

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Come si vede nel grafico di Vox Tranportation qui sopra, i dati sono questi:

  • Tamponamento/sorpasso da dietro: 40%
  • Investimento laterale: 10%
  • Scontro frontale: 8%
  • Nessuna informazione: 7%
  • Auto sorpassa e volta a destra: 6%
  • Auto non dà la precedenza: 6%
  • Urto di striscio: 4%
  • Ciclista non dà la precedenza: 2%
  • Causa sconosciuta: 12%
  • Altre cause: 5%

Nell’indagine sono stati catalogate anche alcune caratteristiche dei diversi incidenti, quando queste erano rese note dagli articoli che ne parlavano. In numeri assoluti risulta che i comportamenti pericolosi sono principalmente degli automobilisti:

  1. Guida distratta: 101 casi
  2. L’automobilista fugge dopo l’incidente: 86 casi
  3. Automobilista guida sotto alcol o droga: 28 casi
  4. Il ciclista pedala dove non dovrebbe: 22 casi
  5. Ciclista non dà la precedenza: 16 casi
  6. Ciclista sul marciapiede: 8 casi

Per le modalità di raccolta dei dati, l’indagine non è definitiva né precisa al singolo caso, però le indicazioni generali segnalano che occorre lavorare sulla sicurezza soprattutto dal lato dei comportamenti degli automobilisti.

Le strade di città e le strade di campagna

Per esempio, nel caso degli incidenti sulle strade di campagna, dati oggettivi dimostrano che la maggior parte degli incidenti auto-bici avvengono lungo la strada e non agli incroci, il che denota che, salvo il caso di ciclisti suicidi che si buttano volontariamente sotto le ruote di macchine e camion, l’incidente avviene in genere per sorpassi imprudenti o pericolosi.

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In campagna gli incidenti auto-bici avvengono più spesso lungo la strada e non agli incroci.

Viceversa negli ambienti urbani circa la metà degli incidenti auto-bici avvengono agli incroci, quindi si può ipotizzare sia un problema di comportamenti da parte di tutti, sia un problema di progettazione degli incroci, con maggiore protezione delle categorie deboli della strada. In Italia in prossimità degli incroci avvengono anche la maggior parte degli incidenti auto-pedone, spesso con diritto di precedenza del pedone.

Documenti:

Qui l’articolo di Vox Trasportation.

Qui il rapporto della Bike League of American Byciclist.

Qui il documento scaricabile, in formato PDF: EBC_report_final_2014

Per confrontare, documento della Royal Society for Prevention of Accidents inglese sugli incidenti auto-bici nel Regno Unito nel 2014, con dati generalmente analoghi: cycling-accidents-factsheet

Articoli correlati:

Incidentalità auto-bici secondo un’indagine della Polizia di Toronto (analisi su 2542 incidenti)

Indagine della Regione Lombardia sull’incidentalità auto-bici.

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Strade italiane: ogni giorno 9 morti e 688 feriti in 485 incidenti. Aumentano i morti in città

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Gli automobilisti salgono anche sui marciapiedi per investire pedoni e ciclisti

Dal rapporti ACI-Istat sugli incidenti stradali in Italia nel 2014:

Diminuiscono gli incidenti complessivi, aumentano i morti in città. Inoltre, aumentano i feriti gravi. 

In base ai costi generali medi per incidente stradale calcolati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti2, si può stimare un costo totale per gli incidenti stradali con lesioni a persone pari a quasi 18 miliardi di euro, circa 4 miliardi in meno rispetto al 2010.

[Secondo questa stima, si tratta di circa 300 euro per ogni cittadino italiano (18 miliardi diviso 60 milioni).]

  1. Nel 2014, in Italia si sono verificati 177.031 incidenti stradali con lesioni a persone, che hanno provocato la morte di 3.381 persone (entro il 30° giorno) e il ferimento di altre 251.147.
  2. Rispetto al 2013, il numero di incidenti scende del 2,5%, quello dei feriti del 2,7% mentre per il numero dei morti la flessione è molto contenuta: -0,6%
  3. Nella Ue28 le vittime di incidenti stradali nel 2014 sono state 25.896 (26.025 nel 2013).
  4. Nel confronto fra il 2014 e il 2010 i decessi si riducono del 18,0% a livello europeo e del 17,8% in Italia.
  5. Ogni milione di abitanti, nel 2014 ci sono stati 51 morti per incidente stradale nella Ue28 e 55,6 nel nostro Paese.
  6. Nella graduatoria europea l’Italia si colloca al 15° posto, dietro Regno Unito, Spagna, Germania e Francia.
  7. Per la prima volta – e in via sperimentale – è stato anche calcolato il numero dei feriti gravi in incidente stradale in Italia, secondo le indicazioni della Commissione europea. Nel 2014, sulla base dei dati di dimissione ospedaliera, i feriti gravi sono stati circa 15 mila, contro i 13 mila del 2013 (+16%). Il numero di feriti gravi in incidente stradale per ogni decesso, invece, è pari a 4,4 (3,8 nel 2013).
  8. Sulle strade urbane italiane si sono verificati 133.598 incidenti, con 180.474 feriti e 1.505 vittime; sulle autostrade gli incidenti sono stati 9.148, con 15.290 feriti e 287 decessi. Sulle strade extraurbane, ad esclusione delle autostrade, gli incidenti ammontano a 34.285, i feriti a 55.383 e le vittime a 1.589.
  9. Gli incidenti più gravi avvengono sulle strade extraurbane (escluse le autostrade), dove si sono registrati 4,63 decessi ogni 100 incidenti. Le vittime sono state invece 1,13 ogni 100 incidenti sulle strade urbane e 3,14 sulle autostrade. Il numero dei morti diminuisce su autostrade e strade extraurbane (-10,6% e -3,8% sull’anno precedente), aumenta, invece, sulle strade urbane (+5,4%).
  10. Il venerdì è il giorno della settimana in cui si concentra il maggior numero di incidenti (27.201, pari al 15,4% del totale). La domenica avvengono, però, i sinistri più gravi (3,1 morti ogni 100 incidenti), seguita dal sabato (2,3). Nella fascia oraria notturna (tra le 22 e le 6 del mattino), l’indice è più elevato fuori città.
  11. Nel 2014 si sono registrati 1.491 decessi tra conducenti e passeggeri di autovetture, seguono motociclisti (704), pedoni (578), ciclisti (273), occupanti di mezzi pesanti (159), ciclomotori (112) e altre modalità di trasporto (64).
  12. L’indice di mortalità per i pedoni (morti ogni 100 incidenti) è ben quattro volte superiore rispetto a quello degli occupanti di autovetture (2,75 contro 0,67). Per i motociclisti e i ciclisti il valore dell’indice è, invece, più che doppio rispetto a quello degli automobilisti (1,69 e 1,41).

Qui il documento completo in formato pdf: Incidenti stradali Italia 2014 Aci Istat.

Qui Il Sole 24 Ore.

Qui La Stampa.

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Se fai le piste ciclabili il traffico migliora anche per le auto. Questi video lo dimostrano

Il filmato qui sopra, che riporta 15 minuti di abituale vita quotidiana in una via di Roma recentemente ristrutturata, di fianco alla stazione Termini, dimostra bene come si “crea” il traffico: con le auto. Ad esempio, un’auto che bloccata in coda per 4 minuti a causa delle auto parcheggiate sulla carreggiata, parcheggia in modo irregolare a sua volta. Auto che intralciano sistematicamente altre auto, rallentando tutti e peggiorando la qualità della vita urbana per tutti.

Per comprendere la differenza con una città altamente ciclabile come Copenhagen, basta guardare il filmato qui sotto.

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Cremona, travolta e uccisa da un’auto guidata dall’uomo invisibile [La Repubblica]

Immagine dalla Repubblica al 2 maggio 2024

I giornalisti di cronaca tendono a minimizzare, esorcizzare ed allontanare dalla vista dei lettori le responsabilità degli automobilisti. Qui un articolo esemplare: due giorni dopo l’incidente, l’automobilista non esiste e sulla dinamica dell’incidente non si sa nulla:

  1. Vittima protagonista nel titolo
  2. Vittima protagonista nell’articolo
  3. Auto animata e senza guidatore nell’articolo
  4. ‘Sulla dinamica dell’incidente indagano gli agenti della Polizia locale’
Immagine dalla Repubblica al 2 maggio 2024
Immagine dalla Repubblica al 2 maggio 2024

‘La vittima stava attraversando il centralissimo corso Cavour intorno alle 10 del mattino’ e il giornalista non si domanda sulla velocità a cui stava guidando l’automobilista investitore? Quali possibili giustificazioni si possono pensare per un’automobilista che investe e uccide una persona (sulle strisce) nel ‘centralissimo corso Cavour’ di Cremona? Cosa impedisce di ipotizzare che l’automobilista stesse andando troppo veloce per le condizioni della strada e del traffico oppure stesse guidando in modo incredibilmente distratto? Corso Cavour, a Cremona, è una via lunga circa 50 metri.

Immagine da Google Maaps. Come si vede Corso Cavour a Cremona è lungo una cinquantina di metri.

Tanto gli automobilisti quanto i giornalisti sembrano non sapere che l’articolo 141 del Codice della strada prescrive di mantenere sempre una velocità adeguata alle condizioni della strada e del traffico, in modo da mantenere sempre il controllo del veicolo. Se investi una persona sulle strisce bianche, in una strada lunga 50 metri, forse il controllo del veicolo non lo stavi mantenendo.

Infine, dopo due giorni dall’incidente, come fa il giornalista a non sapere nulla sulla dinamica dell’incidente? O è una dinamica talmente complessa e misteriosa che sarebbe interessante conoscere qualche dettaglio del mistero, oppure qualche elemento concreto le indagini della Polizia locale lo hanno già determinato, e sarebbe interessante conoscerlo. ◆

Qui l’intero articolo dalla Repubblica: Cremona, attraversa sulle strisce e viene investita: donna di 70 anni muore dopo due giorni per un’emorragia cerebrale.

Sempre più fitto il mistero dei ciclisti e dei pedoni che nei giornali vengono investiti da automobili e camion guidati dall’uomo invisibile [antologia di titoli e articoli]

Qui cinque studi e ricerche sulle distorsioni, volute e non volute, della stampa sugli incidenti stradali e della percezione del pericolo delle automobili:

  1. Morire camminando per strada… Giornalisti e polizia presentano gli incidenti che coinvolgono i pedoni in modo distorto [Tennessee State University]
  2. Incidenti stradali. I giornalisti animano le auto, e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Rutgers University, Arizona State University, and Texas A&M University]
  3. 6 modi con cui i giornali assolvono gli automobilisti e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Streetblog, Rutgers University]
  4. Automobilisti, ciclisti e pedoni: come la stampa li descrive negli incidenti stradali [University of Westminster]
  5. A parità di ogni altra condizione, con le automobili si è molto più tolleranti. [Motornomativity: How Social Norms Hide a Major Public Health Hazard]

Qui le nuove linee guida della stampa inglese sulla cronaca degli scontri stradali.

Qui l‘ebook gratuito ‘Cronaca Letale: come giornalisti e giornali descrivono gli incidenti stradali’ – ebook gratis in formato ePub e pdf  e la recensione del libro ‘Il valore delle parole’ nella cronaca giornalistica. Come evitare parole che uccidono due volte.

Cosa manca, spesso, negli articoli di cronaca degli scontri stradali

Gli articoli citati possono essere stati aggiornati o modificati dalle rispettive redazioni dopo la realizzazione degli screenshot o in epoche successive per inserire nuove informazioni o correggere refusi. Gli screenshot vengono ripresi a scopo di studio per documentare i tic linguistici e l’esatta redazione delle parti rilevanti dell’articolo.

Qui la rubrica ‘Come i giornali e i giornalisti raccontano gli scontri stradali’ con centinaia di articoli analizzati.

Qui alcuni esempi positivi esaminati in pregi ed eventuali difetti:

*Come i giornali raccontano gli scontri stradali* FAQ, le risposte alle domande e alle obiezioni più frequenti

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La stampa e l’automobile. Breve storia di un grande dietrofront, ‘contrordine colleghi’: dalla guerra agli ‘Speed Demon’ agli inviti alla buona educazione

Come sa chi segue la rubrica ‘Come i giornali e i giornalisti raccontano gli scontri stradali’, la stampa è spesso molto garantista e comprensiva con automobilisti, camionisti e conducenti di mezzi a motore che causano incidenti stradali. Non è sempre stato così.

Gli scontri stradali nella stampa, oggi:

  • Sono eventi molto frequenti: in Italia ci sono circa 500 incidenti al giorno, con una decina di morti e circa 750 feriti. Nel mondo i morti per incidenti stradali sono circa 1,3 milioni l’anno, più di guerra, terrrorismo, criminalità e persino della denutrizione (dati OMS)
  • Non fanno abbastanza notizia per essere documentati adeguatamente, salvo casi eccezionali o coinvolgimento di persone molto famose: i giornalisti non hanno tempo per seguirli tutti, e spesso neanche per seguirne una piccola parte
  • Comportano problematiche legali: quando i danni sono gravi, quasi sempre c’è un processo, e in questo caso intervengono gli avvocati di vittime, colpevoli e assicurazioni.
  • Comportano problematiche psicologiche di cui molti giornalisti non sono consapevoli: siccome molti giornalisti oggi sono anche automobilisti, tendono ad identificarsi con essi.

Una brevissima storia di come la stampa tratta gli incidenti

  • 1900-1930 – Le auto in circolazione erano rare, l’incidente era visto dalla parte della vittima: automobilisti spericolati, automobili assassine (gli incidenti erano moltissimi in proporzione alle auto in circolazione)
  • 1930-1960 – L’industria dell’auto reagisce con campagne di pubbliche relazioni e con investimenti pubblicitari sempre più imponenti
  • L’atteggiamento della stampa cambia: colpa delle strade, della cattiva manutenzione del veicolo, del brutto tempo, dell’asfalto viscido, del sole, della pioggia, ecc
  • 1970-oggi – Molti giornalisti sono anche automobilisti e tendono ad identificarsi con questi

23 novembre 1924, come il New York Times presenta l’automobile: ‘una macchina per uccidere’:  

Qui sotto vediamo l’andamento dei morti per incidenti stradali negli Stati Uniti dal 1913 al 2021.

La linea verde è il numero assoluto di morti. La linea azzurra è il numero di morti ogni milione di miglia. La linea tratteggiata è il numero di morti ogni 10.000 veicoli.

Come si vede fino al 1925, e poi con fluttuazioni negli anni 30 e 40, c’erano molti morti per veicolo: i morti erano relativamente pochi come numero assoluto (meno di 5.000 nel 1913), ma le poche auto in circolazione erano spesso letali (e questo senza contare i numerosi feriti; qui per confrontare i numeri di incidenti, morti e feriti, un’analoga statistica italiana). Oggi negli Usa ci sono pochi morti per veicolo, ma molti morti come numero assoluto: circa 47.000 nel 2021: dieci volte di più rispetto al 1913. Se gli Stati Uniti avessero un analogo numero di morti in un’operazione militare estera, ci sarebbero le proteste in strada come ai tempi della guerra nel Vietnam. Per fare un paragone, la guerra del Vietnam è durata venti anni, l’intervento diretto americano dal 1954 al 1973. I soldati americani morti in Vietnam sono stati 58.000, numero paragonabile ai morti per incidente stradali negli Usa in un solo anno.

Quello che avviene negli anni è che l’industria dell’auto comincia a fare operazioni di pubbliche relazioni nei confronti della stampa, cercando di modificare l’atteggiamento nei confronti dell’automobile in generale e degli incidenti stradali in particolare. A raggiungere gli obiettivi dell’industria ha aiutato il fatto che il settore automobilistico è diventato uno dei maggiori investitori pubblicitari su stampa, radio, tv e affissioni (e oggi anche online).

Come cambiano le cose in pochi anni, osservando l’atteggiamento di un testimone d’eccezione: Dick Tracy, un fumetto poliziesco quotidiano di grandissimo successo negli Stati Uniti (40 milioni di lettori, con distribuzione su decine di testate quotidiane negli anni 30 e 40).

1935 – La guerra contro gli Speed Demon

Dick Tracy, 16 ottobre 1935 – Capo della polizia di una piccola città, decide il giro di vite contro gli Speed Demon: multe e galera. Il limite di velocità urbano è 15 mph (24 km/h). Da ‘The Complete Dick Tracy 1935-36’

Dick Tracy è temporaneamente capo della polizia di una piccola città il cui limite di velocità è 15 mph (circa 25 km/h). Una delle sue prime iniziative: la guerra agli ‘Speed Demon’, i demoni della velocità, a suon di multe e di giornate in galera.

1942 – La dark lady indisciplinata

Dick Tracy, 4 gennaio 1942. La dark lady va a 70 mph in città (112 km/h circa). Da ‘The Complete Dick Tracy 1941-429

1942. Sono passati 7 anni e l’atteggiamento sta cambiando. Qui la ‘speed demon’ è una dark lady che fugge e ordina al suo autista di schiacciare l’acceleratore. L’autista educatamente risponde: ‘Chiedo scusa signora, ma stiamo andando 70’. Settanta miglia all’ora sono circa 112 km/h, in città. Cinque volte il limite di velocità infranto dagli speed demon nel 1935.

1944 – La velocità viene giustificata e normalizzata. 

Dick Tracy, 16 agosto 1944. ‘Più veloce!’ (85 mph = 136 km/h circa) da ‘The Complete Dick Tracy – 1944-45’

Andare veloci è diventato normale, e quando è ‘per un buon motivvo’ diventa anche giustificato. La velocità fa parte dello spettacolo, tanto nei fumetti quanto nel cinema e successivamente nella tv.

1958 – Come evitare gli incidenti stradali: la buona educazione

Dick Tracy, 5 gennaio 1958. Finalmente la soluzione al problema degli incidenti stradali: la buona educazione. Da ‘The Complete Dick Tracy 1957-59’

Nel 1958, ventitre anni dopo la guerra agli ‘Speed Demon’ del 1935, per Dick Tracy la soluzione per prevenire gli incidenti stradali non è più ‘multe e galera’, bensì un invito alla buona educazione. Non sembra abbia funzionato, come documentato dal grafico che abbiamo visto sopra. Proprio negli anni 50-70 si raggiunge il picco dei morti in strada.

1962 – Come evitare gli incidenti stradali: educare le vittime

Dick Tracy, 16 settembre 1962. Arriva una nuova soluzione al problema degli incidenti stradali: educare le vittime: ‘Bambini uccisi nel 1961 in incidenti in bicicletta: 450. Persone uccise in incidenti aerei: 360. Insegnate [ai bambini] la sicurezza.’ L’immagine rappresenta tre bambini in bicicletta che stanno per essere tamponati da un’auto. L’idea di ridurre le velocità nei quartieri residenziali, o di educare gli automobilisti non viene più presa in considerazione. Immagine da ‘The Complete Dick Tracy – vol 20’

Nel 1962 arriva una nuova soluzione al problema degli incidenti stradali: educare le vittime. Anche questo, guardando ai dati statistici riportati sopra, non sembra funzionare particolarmente bene.

Conclusioni: la normalizzazione della velocità.

Osservando il cambiamento di atteggiamento della stampa (qui rappresentato dall’evoluzione di un personaggio di grande successo della cultura popolare) e guardando il grafico con l’andamento dei morti per incidenti stradali, qualcuno può argomentare che la sicurezza delle automobili è molto cresciuta. I morti ogni 10.000 veicoli sono molto diminuiti.

È vero, ma quello che si può osservare è che:

  1. I morti per incidente stradale come numero assoluto sono una quantità molto grande: in un solo anno una quantità paragonabile a 20 anni di guerra nel Vietnam (circa 47.000 morti per incidente stradale negli Usa in un solo anno nel 2021, circa 58.000 mila soldati americani morti in Vietnam in venti anni)
  2. Nella stampa la velocità dei veicoli è motore è stata normalizzata e spettacolarizzata, eliminandola di fatto come principale causa di incidente stradale. Stesso fenomeno è avvenuto nel cinema, in tv e anche nei videogiochi.

La velocità è stata normalizzata: andare veloci è diventato normale, utile, anche divertente. Infatti è essenziale per il marketing automobilistico, come dimostrano i numerosi product placement di automobili di ogni tipo nei film d’azione e nella fiction televisiva, e le sponsorizzazioni miliardarie delle gare automobilistiche. ◆

Qui altri articoli sul tema della storia dell’automobile, tema ricco di curiosità e informazioni che non ci si aspetta (link alle fonti all’interno degli articoli).

Il curriculum dell’industria dell’auto: marketing, design, errori, fallimenti, sviste, truffe e bugie in 120 anni di storia

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Treviso, ‘6 incidenti nel tratto maledetto’, causati dall’uomo invisibile [Quotidiano del Piave]

Immagine dal Quotidiano del Piave all’1 maggio 2024

I giornalisti di cronaca tendono a minimizzare le responsabilità di chi guida mezzi a motore. Qui un caso da manuale: sei incidenti, tutti nel ‘tratto maledetto’ dell’autostrada A4, ‘un tratto noto a tutti per la sua pericolosità a causa di alcuni lavori che ne stanno riducendo le carreggiate.’ Alla guida dei mezzi coinvolti, l’uomo invisibile:

  1. ‘6 incidenti nel tratto maledetto‘ nel titolo
  2. ‘A4 chiusa, traffico paralizzato’ nel titolo
  3. ‘Mattinata di passione‘ all’inizio dell’articolo
  4. ‘Gli incidenti hanno causato code e rallentamenti’
  5. ‘La situazione è peggiorata a causa di un tamponamento
  6. ‘Alle 10 il terzo incidente’
  7. ‘Nel tratto maledetto si è verificato il quarto incidente’
  8. ‘Un quinto incidente, sempre tra mezzi pesanti e sempre sullo stesso tratto’
  9. ‘Il sesto incidente è avvenuto poco dopo le 18′
Immagine dal Quotidiano del Piave all’1 maggio 2024
Immagine dal Quotidiano del Piave all’1 maggio 2024
Immagine dal Quotidiano del Piave all’1 maggio 2024
Immagine dal Quotidiano del Piave all’1 maggio 2024
Immagine dal Quotidiano del Piave all’1 maggio 2024
Immagine dal Quotidiano del Piave all’1 maggio 2024

I sei scontri stradali vengono presentati come se fossero causati da eventi del tutto fortuiti. Unica causa ipotizzata: ‘alcuni lavori che ne stanno restringendo la carreggiata’. Insomma: è colpa dei cantieri.

Al giornalista non viene in mente che, in presenza di cantieri e lavori bisogna rallentare. Non gli viene neanche in mente che, in caso di tamponamenti le cause possibili di solito sono due:

  1. Il conducente del veicolo che seguiva forse non teneva le distanze di sicurezza
  2. Il conducente del veicolo che seguiva forse guidava distratto

E, in genere in caso di tamponamenti, nel 99% dei casi la responsabilità dell’incidente è del veicolo che tampona, non di altri, men che meno di eventuali cantieri.

Grande attenzione inoltre da parte del cronista, ai problemi del traffico. Prevenire gli incidenti e individuarne le cause non è così importante come raccontare di code e rallentamenti nel ‘tratto maledetto’.

Speriamo che, oltre alle forze dell’ordine e i pompieri, sul posto intervenga anche l’esorcista. ◆

Qui l’intero articolo del Quotidiano del Piave: 6 incidenti nel tratto maledetto: A4 chiusa, traffico paralizzato. Coinvolto anche un bus.

Qui altri casi di veicoli guidati dall’uomo invisibile: Sempre più fitto il mistero dei ciclisti e dei pedoni che nei giornali vengono investiti da automobili e camion guidati dall’uomo invisibile [antologia di titoli e articoli]

Qui cinque studi e ricerche sulle distorsioni, volute e non volute, della stampa sugli incidenti stradali e della percezione del pericolo delle automobili:

  1. Morire camminando per strada… Giornalisti e polizia presentano gli incidenti che coinvolgono i pedoni in modo distorto [Tennessee State University]
  2. Incidenti stradali. I giornalisti animano le auto, e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Rutgers University, Arizona State University, and Texas A&M University]
  3. 6 modi con cui i giornali assolvono gli automobilisti e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Streetblog, Rutgers University]
  4. Automobilisti, ciclisti e pedoni: come la stampa li descrive negli incidenti stradali [University of Westminster]
  5. A parità di ogni altra condizione, con le automobili si è molto più tolleranti. [Motornomativity: How Social Norms Hide a Major Public Health Hazard]

Qui le nuove linee guida della stampa inglese sulla cronaca degli scontri stradali.

Qui l‘ebook gratuito ‘Cronaca Letale: come giornalisti e giornali descrivono gli incidenti stradali’ – ebook gratis in formato ePub e pdf  e la recensione del libro ‘Il valore delle parole’ nella cronaca giornalistica. Come evitare parole che uccidono due volte.

Cosa manca, spesso, negli articoli di cronaca degli scontri stradali

Gli articoli citati possono essere stati aggiornati o modificati dalle rispettive redazioni dopo la realizzazione degli screenshot o in epoche successive per inserire nuove informazioni o correggere refusi. Gli screenshot vengono ripresi a scopo di studio per documentare i tic linguistici e l’esatta redazione delle parti rilevanti dell’articolo.

Qui la rubrica ‘Come i giornali e i giornalisti raccontano gli scontri stradali’ con centinaia di articoli analizzati.

Qui alcuni esempi positivi esaminati in pregi ed eventuali difetti:

*Come i giornali raccontano gli scontri stradali* FAQ, le risposte alle domande e alle obiezioni più frequenti

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Ma tutti questi automobilisti che ‘perdono il controllo dell’auto’… non sarebbe bene se perdessero anche la patente? [antologia di titoli e articoli]

Nelle cronache dei giornali spesso gli automobilisti, i camionisti e anche i motociclisti ‘perdono il controllo del mezzo’.

Talvolta succede perché vengono incoraggiati da citazioni come quella indicata sopra: ‘Se senti l’auto perfettamente sotto controllo, significa che non stai andando abbastanza forte’. Sono casi in cui l’automobilista sta esagerando con la velocità, per provare emozioni che farebbe meglio a riservare a una console di videogiochi.

In altri casi si tratta di vera e propria incompetenza: l’automobilista sta guidando in una situazione di traffico, tempo meteo o visibilità superiore alle sue capacità di guida.

Infine, in molti casi si tratta di scorciatoie dei giornalisti: non sanno analizzare le cause dell’incidente e quindi se la cavano con la frase mutanda: ‘l’automobilista ha perso il controllo’.

In molti di questi casi sarebbe una buona idea se politica e magistratura intervenissero, levando la patente a chi ‘perde il controllo’ quando è al volante di un veicolo che pesa da una tonnellata in su.

Qui, dalle cronache, alcuni casi di automobilisti che ‘hanno perso il controllo’:

  1. [Giornali e incidenti stradali] ‘Perde il controllo dell’auto e si schianta tra i tavolini’… e di chi è la colpa? L’asfalto bagnato [Napoli Today]
  2. Come i giornali descrivono gli incidenti stradali: l’auto perde il controllo di sé stessa [Sky TG24]
  3. Come i giornali descrivono gli incidenti stradali: la Porsche finisce contro un albero ma la colpa potrebbe essere di un dosso ‘che fa perdere il controllo’
  4. [Giornali e scontri stradali] Corinaldo (Ancona): tranquilla, anche con l’auto ‘fuori controllo’ esci ‘illesa dal mezzo’ [Youtvrs]
  5. Come i giornali descrivono gli incidenti stradali: l’automobilista va sulla corsia di emergenza per superare la coda ma l’auto è ‘fuori controllo’ quando investe la pattuglia della stradale [FrosinoneToday]
  6. Come i giornali descrivono gli incidenti stradali: ‘Auto contro una casa’, perché ‘per cause al vaglio della polizia locale ha perso il controllo’ [Ansa Emilia Romagna]
  7. *Come i giornali raccontano gli scontri stradali* Genova, chissà perché –– ‘ha perso il controllo del proprio mezzo’ e ha investito un pedone sul marciapiede [Primocanale]
  8. [Giornali e scontri stradali] Scappa inseguito dai carabinieri ma ‘avrebbe perso il controllo’ per colpa della nebbia [Corriere Torino]
  9. Come i giornali raccontano gli scontri stradali: due articoli a confronto, la velocità non è mai un problema, però i motociclisti ‘perdono il controllo’ o ‘si schiantano’
  10. Roma, ennesima vittima della pioggia assassina: ‘Pensionato travolto e ucciso’, ‘Non si esclude che il conducente possa aver perso il controllo dell’auto a causa dell’asfalto bagnato’ [La Repubblica]
  11. ‘Auto perde il controllo’, e l’automobilista arriva dopo [Varese News]
  12. Chissà perché, chissà come mai questo automobilista… ‘perde il controllo dell’auto e si ribalta in un canale’ [Piacenza Sera]
  13. ‘Ha perso il controllo dell’auto’
  14. *Come i giornali raccontano gli scontri stradali* ennesima ‘auto perde il controllo’ [il Resto del Carlino, Ravenna Today]
  15. *Come i giornali raccontano gli scontri stradali* il mistero dell’auto che ha perso il controllo [TargatoCN, Il Nazionale.it]
  16. *Come i giornali raccontano gli scontri stradali* ‘Schianto in diretta social’, ‘ha perso il controllo della sua Audi’… l’automobilista è spericolato, i giornalisti invece sono prudentissimi [Ansa, Adnkronos, RaiNews]
  17. *Come i giornali raccontano gli scontri stradali* ennesimo automobilista che ‘perde il controllo’ [Milano Today]
  18. *Come i giornali raccontano gli scontri stradali* Roma, perde misteriosamente il controllo dell’auto, finisce misteriosamente sul marciapiede e abbatte misteriosamente palo e telecamera [Roma Today]
  19. Cagliari, ‘schianto sulla stradale 131’: ma a questi automobilisti che ‘perdono il controllo del mezzo’ non sarebbe bene togliere la patente? [L’Unione Sarda]

E qui alcuni spunti di riflessione:

Qui cinque studi e ricerche sulle distorsioni, volute e non volute, della stampa sugli incidenti stradali e della percezione del pericolo delle automobili:

  1. Morire camminando per strada… Giornalisti e polizia presentano gli incidenti che coinvolgono i pedoni in modo distorto [Tennessee State University]
  2. Incidenti stradali. I giornalisti animano le auto, e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Rutgers University, Arizona State University, and Texas A&M University]
  3. 6 modi con cui i giornali assolvono gli automobilisti e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Streetblog, Rutgers University]
  4. Automobilisti, ciclisti e pedoni: come la stampa li descrive negli incidenti stradali [University of Westminster]
  5. A parità di ogni altra condizione, con le automobili si è molto più tolleranti. [Motornomativity: How Social Norms Hide a Major Public Health Hazard]

Qui le nuove linee guida della stampa inglese sulla cronaca degli scontri stradali.

Qui l‘ebook gratuito ‘Cronaca Letale: come giornalisti e giornali descrivono gli incidenti stradali’ – ebook gratis in formato ePub e pdf  e la recensione del libro ‘Il valore delle parole’ nella cronaca giornalistica. Come evitare parole che uccidono due volte.

Cosa manca, spesso, negli articoli di cronaca degli scontri stradali

Gli articoli citati possono essere stati aggiornati o modificati dalle rispettive redazioni dopo la realizzazione degli screenshot o in epoche successive per inserire nuove informazioni o correggere refusi. Gli screenshot vengono ripresi a scopo di studio per documentare i tic linguistici e l’esatta redazione delle parti rilevanti dell’articolo.

Qui la rubrica ‘Come i giornali e i giornalisti raccontano gli scontri stradali’ con centinaia di articoli analizzati.

Qui alcuni esempi positivi esaminati in pregi ed eventuali difetti:

*Come i giornali raccontano gli scontri stradali* FAQ, le risposte alle domande e alle obiezioni più frequenti

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Camaiore, ‘scontro in moto contro un’auto’ guidata dall’uomo invisibile [Toscana in Diretta]

Immagine da Toscana in Diretta al 27 aprile 2024

I giornalisti di cronaca, per mancanza di tempo, risorse o voglia di approfondire le notizie sugli scontri stradali, spesso minimizzano le responsabilità di chi guida veicoli a motore. Gli incidenti capitano sempre per colpa del destino, le cause sono quasi sempre ignote e non si verrà mai a conoscerle. Ecco un esempio:

  1. Vittima protagonista nel titolo
  2. Auto animata e guidata da nessuno
  3. Vittima protagonista e auto guidata da nessuno anche nell’articolo
  4. Frase mutanda (per nascondere il fatto che il cronista non sa niente dello scontro): ‘L’incidente è avvenuto per cause in corso di accertamento’
  5. Pseudo-informazioni per concludere l’articolo (‘Sul posto, per i rilievi, i militari dell’Arma.’ e ‘Il centauro è stato soccorso da un’ambulanza inviata dal 118 e trasferito al pronto soccorso‘)
Immagine da Toscana in Diretta al 27 aprile 2024
Immagine da Toscana in Diretta al 27 aprile 2024
Immagine da Toscana in Diretta al 27 aprile 2024

Verremo un giorno a conoscere le cause dell’incidente? Probabilmente no, non dalla stampa.◆

Qui l’intero articolo di Toscana in Diretta: Scontro in moto contro un’auto a Lido di Camaiore: grave un centauro 39enne.

Qui numerosi altri casi di incidenti, scontri e collisioni stradali con veicoli guidati dall’uomo invisibile.

Qui cinque studi e ricerche sulle distorsioni, volute e non volute, della stampa sugli incidenti stradali e della percezione del pericolo delle automobili:

  1. Morire camminando per strada… Giornalisti e polizia presentano gli incidenti che coinvolgono i pedoni in modo distorto [Tennessee State University]
  2. Incidenti stradali. I giornalisti animano le auto, e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Rutgers University, Arizona State University, and Texas A&M University]
  3. 6 modi con cui i giornali assolvono gli automobilisti e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Streetblog, Rutgers University]
  4. Automobilisti, ciclisti e pedoni: come la stampa li descrive negli incidenti stradali [University of Westminster]
  5. A parità di ogni altra condizione, con le automobili si è molto più tolleranti. [Motornomativity: How Social Norms Hide a Major Public Health Hazard]

Qui le nuove linee guida della stampa inglese sulla cronaca degli scontri stradali.

Qui l‘ebook gratuito ‘Cronaca Letale: come giornalisti e giornali descrivono gli incidenti stradali’ – ebook gratis in formato ePub e pdf  e la recensione del libro ‘Il valore delle parole’ nella cronaca giornalistica. Come evitare parole che uccidono due volte.

Cosa manca, spesso, negli articoli di cronaca degli scontri stradali

Gli articoli citati possono essere stati aggiornati o modificati dalle rispettive redazioni dopo la realizzazione degli screenshot o in epoche successive per inserire nuove informazioni o correggere refusi. Gli screenshot vengono ripresi a scopo di studio per documentare i tic linguistici e l’esatta redazione delle parti rilevanti dell’articolo.

Qui la rubrica ‘Come i giornali e i giornalisti raccontano gli scontri stradali’ con centinaia di articoli analizzati.

Qui alcuni esempi positivi esaminati in pregi ed eventuali difetti:

*Come i giornali raccontano gli scontri stradali* FAQ, le risposte alle domande e alle obiezioni più frequenti

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Ecco perché abbiamo bisogno di meno parcheggi e più mezzi pubblici, marciapiedi e piste ciclabili

Immagine da Brickthaniel su Thread

Nell’immagine sopra vediamo un appartamento di 45 metri quadri a confronto con lo spazio necessario per parcheggiare un’auto.

Questo non si limta al solo posto auto ma comprende anche tutto lo spazio necessario per entrare e uscire dal posto auto. Infatti molti si stupiscono quando apprendono che per parcheggiare un’auto complessivamente sono necessari 25 metri quadri: 12,5 per il posto auto vero e proprio in un parcheggio a pettine, altrettanti per le strade di servizio per accedere ai posti auto. Ma chi si stupisce semplicemente non si è mai reso conto di quanto sono ingombranti le automobili.

Una coppia che abita in 45 mq e possiede due auto parcheggiate nel cortile utilizza più spazio per le auto che per vivere. Se le parcheggia in strada (in molte città italiane l’uso dell’auto viene sovvenzionato e incoraggiato con il parcheggio gratuito in strada) utilizza 12,5 mq di spazio esclusivo per il posto auto, più gli spazi in strada e sul marciapiede per aprire le portiere, e gli spazi in strada per fare le manovre di ingresso e uscita dal posto auto.

Siccome poi per circolare ogni veicolo ha bisogno di almeno due o tre posti auto (per esempio: uno tutti i giorni sotto casa, un’altro tutti i giorni vicino al posto di lavoro, più uno occasionale al supermercato, vicino alla farmacia, al centro commerciale, vicino all’ospedale, eccetera), è evidente che in una città dove molte persone usano l’automobile come veicolo universale, lo spazio dedicato ai parcheggi è spesso maggiore dello spazio dedicato alle abitazioni.

Inoltre lo spazio per i parcheggi non basta: occorrono anche le strade che, più si usa l’auto, più devono essere grandi, lunghe e ingombranti. Qui per esempio i centri storici di Venezia, Firenze e Siena a confronto con svincoli autostradali (le foto sono nella stessa scala).

Per rendere le città più sostenibili occorre costruire città più compatte, ben collegate da mezzi pubblici, marciapiedi e piste ciclabili, in cui l’automobile privata venga usata il meno possibile per muoversi all’interno della cerchia urbana, un po’ come fanno in molte città europee e come avviene a Tokyo, la metropoli più grande del mondo, ma anche una grande città incredibilmente tranquilla e vivibile, proprio perché non c’è l’ossessivo traffico automobilistico delle altre grandi città del mondo. A Tokyo la maggior parte degli spostamenti avvengono con i mezzi pubblici, e gli spostamenti in bicicletta superano quelli in automobile. Non è un caso se a Tokyo non si può parcheggiare in strada e per comprare un’automobile è necessario avere un box privato o un posto auto privato.

Al contrario, costruire più parcheggi incoraggia l’uso dell’auto e consuma molto spazio urbano, causando cementificazione e dispersione urbanistica, peggiorando la vivibilità e la qualità della vita. ◆

Qui altri articoli sul tema dell’urbanistica e dei parcheggi (link alle fonti all’interno degli articoli).

‘Come risolvere i problemi di parcheggio nel tuo comune’. Scarica gratis i primi capitoli [Ebook, Fiab, Amazon]

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Tre feriti in un incidente con veicoli invisibili [Toscana in diretta]

Immagine da Toscana in diretta al 24 aprile 2024

I giornalisti di cronaca hanno la tendenza a minimizzare le responsabilità di chi guida veicoli a motore. Dipende da tanti motivi, fra cui il fatto che spesso molti cronisti sono anche automobilisti e si identificano con essi. Un modo per minimizzare le responsabilità degli automobilisti è non nominarli nemmeno, scrivendo, per esempio ‘scontro fra due auto’. Un modo più estremo lo vediamo in questo articolo, dove non nominano neppure i veicoli:

  1. Vittima protagonista nel titolo
  2. Altre due vittime nel sottotitolo
  3. Vittime protagoniste anche all’inizio dell’articolo
  4. Nessuna informazione sulla dinamica, ma neppure sullo scontro stradale e neppure sui veicoli coinvolti: auto, moto, scooter, camion, furgone, skateboard, bicicletta o monopattino? Non si sa.
Immagine da Toscana in diretta al 24 aprile 2024

In realtà il fnomeno dei veicoli invisibili non è raro nelle cronache italiane, come non è raro quello delle auto e dei camion che si ribaltano da soli. Si tratta probabilmente di fenomeni soprannaturali, che però vengono minimizzati per non scatenare il terrore fra la popolazione.◆

Qui il brevissimo articolo di Toscana in diretta: In coma un 29enne dopo l’incidente stradale.

L’emergenza italiana delle auto che si ribaltano da sole [antologia di titoli e articoli]

Qui cinque studi e ricerche sulle distorsioni, volute e non volute, della stampa sugli incidenti stradali e della percezione del pericolo delle automobili:

  1. Morire camminando per strada… Giornalisti e polizia presentano gli incidenti che coinvolgono i pedoni in modo distorto [Tennessee State University]
  2. Incidenti stradali. I giornalisti animano le auto, e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Rutgers University, Arizona State University, and Texas A&M University]
  3. 6 modi con cui i giornali assolvono gli automobilisti e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Streetblog, Rutgers University]
  4. Automobilisti, ciclisti e pedoni: come la stampa li descrive negli incidenti stradali [University of Westminster]
  5. A parità di ogni altra condizione, con le automobili si è molto più tolleranti. [Motornomativity: How Social Norms Hide a Major Public Health Hazard]

Qui le nuove linee guida della stampa inglese sulla cronaca degli scontri stradali.

Qui l‘ebook gratuito ‘Cronaca Letale: come giornalisti e giornali descrivono gli incidenti stradali’ – ebook gratis in formato ePub e pdf  e la recensione del libro ‘Il valore delle parole’ nella cronaca giornalistica. Come evitare parole che uccidono due volte.

Cosa manca, spesso, negli articoli di cronaca degli scontri stradali

Gli articoli citati possono essere stati aggiornati o modificati dalle rispettive redazioni dopo la realizzazione degli screenshot o in epoche successive per inserire nuove informazioni o correggere refusi. Gli screenshot vengono ripresi a scopo di studio per documentare i tic linguistici e l’esatta redazione delle parti rilevanti dell’articolo.

Qui la rubrica ‘Come i giornali e i giornalisti raccontano gli scontri stradali’ con centinaia di articoli analizzati.

Qui alcuni esempi positivi esaminati in pregi ed eventuali difetti:

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Cagliari, ‘schianto sulla stradale 131’: ma a questi automobilisti che ‘perdono il controllo del mezzo’ non sarebbe bene fagli perdere anche la patente? [L’Unione Sarda]

Immagine dall’Unione Sarda al 26 aprile 2024

Spesso negli articoli di cronaca sembra che gli automobilisti facciano gli incidenti senza colpa alcuna. Qui per esempio il caso di un’auto che fa un incidente da sola, e l’unica spiegazione è che il guidatore avrebbe ‘perso il controllo del mezzo’:

  1. Schianto sulla statale 131′ nel titolo per spettacolarizzare l’incidente
  2. ’29enne in ospedale’, rendendo protagonista la vittima, ma senza dire che la vittima è l’automobilista stesso
  3. Nessuna spiegazione sulla dinamica dell’incidente, salvo la pseudo-ricostruzione: ‘Coinvolta un’auto, un’Alfa Mito con a bordo un 29enne che ha perso il controllo del mezzo finendo contro lo spartitraffico ribaltandosi.’
  4. Pseudo-informazioni sul traffico: ‘La statale è stata temporaneamente chiusa al traffico e poi riaperta per le operazioni di soccorso.’
Immagine dall’Unione Sarda al 26 aprile 2024

La frequenza di automobilisti che perdono il controllo del mezzo dovrebbe far intervenire politica e magistratura: forse chi perde il controllo del veicolo che sta guidando dovrebbe perdere anche la patente, almeno per qualche anno, e rifare esami di teoria e di pratica. Mentre contemporaneamente i giornalisti dovrebbero impegnarsi di più nell’informarci sulle vere cause degli incidenti: in genere le auto perdono il controllo perché l’automobilista va troppo veloce.

Qui l’intero articolo dell’Unione Sarda: Schianto sulla statale 131 all’altezza di Sestu: 29enne in ospedale.

Qui altri casi di automobilisti che perdono il controllo: Gli automobilisti talvolta ‘perdono il controllo’ anche perché incoraggiati dalla pubblicità [Antologia di titoli e articoli]

Qui cinque studi e ricerche sulle distorsioni, volute e non volute, della stampa sugli incidenti stradali e della percezione del pericolo delle automobili:

  1. Morire camminando per strada… Giornalisti e polizia presentano gli incidenti che coinvolgono i pedoni in modo distorto [Tennessee State University]
  2. Incidenti stradali. I giornalisti animano le auto, e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Rutgers University, Arizona State University, and Texas A&M University]
  3. 6 modi con cui i giornali assolvono gli automobilisti e colpevolizzano pedoni e ciclisti [Streetblog, Rutgers University]
  4. Automobilisti, ciclisti e pedoni: come la stampa li descrive negli incidenti stradali [University of Westminster]
  5. A parità di ogni altra condizione, con le automobili si è molto più tolleranti. [Motornomativity: How Social Norms Hide a Major Public Health Hazard]

Qui le nuove linee guida della stampa inglese sulla cronaca degli scontri stradali.

Qui l‘ebook gratuito ‘Cronaca Letale: come giornalisti e giornali descrivono gli incidenti stradali’ – ebook gratis in formato ePub e pdf  e la recensione del libro ‘Il valore delle parole’ nella cronaca giornalistica. Come evitare parole che uccidono due volte.

Cosa manca, spesso, negli articoli di cronaca degli scontri stradali

Gli articoli citati possono essere stati aggiornati o modificati dalle rispettive redazioni dopo la realizzazione degli screenshot o in epoche successive per inserire nuove informazioni o correggere refusi. Gli screenshot vengono ripresi a scopo di studio per documentare i tic linguistici e l’esatta redazione delle parti rilevanti dell’articolo.

Qui la rubrica ‘Come i giornali e i giornalisti raccontano gli scontri stradali’ con centinaia di articoli analizzati.

Qui alcuni esempi positivi esaminati in pregi ed eventuali difetti:

*Come i giornali raccontano gli scontri stradali* FAQ, le risposte alle domande e alle obiezioni più frequenti

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Quanto costa ai cittadini italiani muoversi in automobile? Il 15% del pil. Mentre dedichiamo solo l’1,7% ai trasporti pubblici [Andrea Spinosa, Cityrailways]

Quando si pensa ai costi dell’automobile la maggior parte delle persone pensano a benzina e autostrada. Qualcuno aggiunge anche bollo e assicurazione. Molti si dimenticano che l’automobile bisogna comprarla e i suoi costi non si limitano a benzina, bollo, assicurazione, tagliandi eccetera.

Moltissimi inoltre si dimenticano che per andare in automobile, banalmente, servono anche le strade, i parcheggi, una serie di servizi pubblici (dalla polizia stradale ai pronti soccorsi per tentare di salvare i morti e i feriti causati dagli scontri stradali). E si dimenticano anche i costi generati dall’inquinamento, dal consumo di suolo, dall’impermeabilizzazione del suolo a causa di asfalto, cementificazione e dispersione urbanistica.

Andrea Spinosa, Laureato in Ingegneria con specializzazione in pianificazione territoriale e progettazione dei trasporti, per Citirailways, ha provato a conteggiare tutti i costi indispensabili per il sistema automobilistico che ci permette di salire in macchina e usarla per andare al supermercato a fare la spesa.

I risultati del suo studio sono stupefacenti:

Complessivamente il costo annuale attuale della circolazione privata in Italia vale circa 260,1 miliardi:

Dati da Andrea Spinosa su Cityrailways.
Grafico da Andrea Spinosa su Cityrailways.

Complessivamente in Italia ‘dedichiamo all’automobile il 15% del PIL (assunto pari a 1.759 miliardi di euro), e l’1,7% al trasporto pubblico’. 

Il sistema automobilistico in Italia si mangia circa il 15% del prodotto interno lordo, fra inquinamento, spese sanitarie, consumo del territorio, strade e autostrade, asfalto, dispersione urbanistica, carburanti, lubrificanti, dipendenti pubblici necessari per il sistema e tanti altri costi, otto volte di più di quello che spendiamo per i mezzi pubblici che, in ambito urbano sono molto più efficienti in termini di capacità di trasporto:

  • un singolo treno può scaricare 1.000 pendolari in 5 minuti, laddove per trasportarli in auto – calcolando 1,2 persone per veicolo – servono 830 automobili circa (che, a parte le strade, poi hanno bisogno anche di più di due ettari di territorio per parcheggiare)
  • Un singolo tram può trasportare da 80 a 150 passeggeri, mentre in automobile servono da 66 a 125 veicoli (sempre calcolando un’occupazione media di 1,2 persone per auto, l’occupazione normale nell’ora di punta)
  • Un singolo autobus può trasportare da 60 a 80 passeggeri, mentre in automobile servono da 50 a 66 veicoli.

Per rendere più concreti questi numeri: una fila di 100 auto in coda è lunga circa UN KM (calcolando circa 5 metri per veicolo, più 5 metri di distanza fra un veicolo e l’altro). La stessa fila di auto se viaggia a 50 km/h è lunga circa 3 km/h (5 metri per veicolo, più circa 25 metri di distanza di sicurezza). La fila può essere più corta se non tutti tengono le distanze di sicurezza, ma in questo caso aumentano le probabilità di incidente.

(Per chi obietta che un’auto può trasportare 5 persone, mentre i mezzi pubblici viaggiano spesso semivuoti: vero, ma non nell’ora di punta: nelle città nelle ore di punta i mezzi pubblici viaggiano pieni zeppi, mentre le auto raramente, molto raramente hanno più di due persone a bordo.)

Qui l’intero articolo di Andrea Spinosa su Cityrailways, con tutti i dati e i fogli di calcolo: IL VERO COSTO DELL’AUTOMOBILE.

Insomma, spendiamo troppo per l’automobile, lo stato si indebita e gli italiani finiscono così:

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Il sindaco che ha capito la sicurezza stradale alla rovescia: ostacolare le vittime invece di tutelarle

Immagine dall’Arena di Verona

Il comune di Torri del Benaco, con l’obiettivo di migliorare il traffico (ma solo per gli automobilisti, pare), qualche anno fa ha installato sulle sue strade vari esemplari del cartello che vediamo sopra.

È un cartello vagamente ispirato all’articolo 182 comma 1 che, in modo un po’ confuso, prescrive ai ciclisti di andare in fila indiana (ma, bisogna sottolineare: ‘mai affiancati in numero superiore a due’) con una novità: la ‘fila indiana’ deve essere costituita da un massimo di tre ciclisti. Siccome non esiste una norma che limiti il numero di ciclisti che possono pedalare in fila, il sindaco si è affrettato a spiegare che è un”indicazione, non un divieto’.

Qual è il problema? Che questa ‘indicazione’ non tiene minimamente conto della sicurezza delle persone che vanno in bicicletta ma si preoccupa solo di facilitare il sorpasso da parte di chi guida l’automobile, partendo dal principio che se il ciclista si sposta più a destra possibile, il sorpasso è più facile. Peccato che pedalare troppo a destra sia molto poco sicuro per i ciclisti: spesso gli automobilisti non li vedono e passano troppo vicini, creando pericolo di caduta, quando addirittura non li urtano con lo specchietto.

Infatti in molti paesi europei l’atteggiamento delle istituzioni è esattamente contrario: non solo è permesso pedalare in coppia, ma questo viene attivamente consigliato per la sicurezza di chi pedala: le persone in bicicletta, quando pedalano in coppia, sono più visibili e il rischio di incidente si riduce. Questo fatto, oltre ad essere documentato dall’esperienza e da ricerche scientifiche, è riconosciuto anche dal codice della strada italiano, perché, proprio nell’articolo 182 il comma 1 prevede il caso di minori di 10 anni che pedalano alla destra di un adulto.

Ecco come si comportano in Europa:

Gruppi di ciclisti: pedalare affiancati riduce il rischio di incidente stradale [Studio, Accident Analysis & Prevention]

Qui invece la pasticciata normativa italiana: Gruppi di ciclisti: l’art. 182 comma 1 è contraddittorio, pericoloso, scritto male (e NON vieta di pedalare in coppia) [AGGIORNAMENTO]

E, per quel che riguarda ilsorpasso dei ciclisti, per tutelare la sicurezza delle persone in bicicletta, l’atteggiamento giusto è questo: la norma del metro e mezzo di distanza laterale quando si sorpassa una bicicletta, norma diffusa in tutta Europa (eccetto l’Italia e qualche paese arretrato) e in molti paesi del mondo:

Adesivo su un’auto della polizia inglese
Segnaletica spagnola. I ciclisti sono rappresentati in coppia
Sgnaletica francese. Anche qui i ciclisti sono rappresentati in gruppo, non in fila indiana singola

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